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Coronavirus, caccia all'untore sui social: il sindaco invita i cittadini ad essere più solidali

Fabio Collot: «Vorrei che lo spirito di comunità che da sempre ci rappresenta tornasse al centro dell'attenzione e che iniziassimo a preoccuparci un po' di più del nostro vicino»

Giornata di polemiche quella di mercoledì a Orsago. Il sindaco Mario Collot ha difatti deciso di scrivere una lettere a tutti i proprio cittadini per lamentarsi di una triste pratica che sta prendendo piede online in questi giorni. Secondo il primo cittadino, da tempo è stata infatti attivata una vera e propria caccia all'untore di Coronavirus sui sociale network, pratica che mette in secondo piano il clima di solidarietà che dovrebbe invece essere in primo piano. «Per il tempo che abbiamo oggi a disposizione, spesso cerchiamo notizie e scriviamo senza pensare alle conseguenze - racconta ai nostri microfoni il primo cittadino orsaghese - Invece di ricercare con morbosità le notizie, aiutiamoci tutti e riflettiamo un attimo in più, un po' come facevamo prima. Stiamo pur sempre parlando di persone ammalate, a volte forse lo dimentichiamo».

«Cari cittadini, voglio condividere con voi una riflessione che ho fatto in questi giorni. Sono stato informato, mio malgrado, di una serie di commenti, richieste pressanti di informazioni in merito al numero di "casi di Coronavirus” presenti nel nostro comune e mi sono trovato di fronte ad una situazione che non credevo si sarebbe verificata - scrive Collot - La nostra comunità si è infatti negli anni sempre dimostrata attenta alle esigenze delle persone che la compongono. Lo spirito di solidarietà e dell’associazionismo, fiori all’occhiello del nostro territorio, sembrano essere in alcuni, forse troppi, momenti spariti o dimenticati».

«Se da un lato è sicuramente pesante dover rimanere a casa, dover rinunciare a momenti di aggregazione e di convivialità, non solo tra amici ma anche tra familiari più stretti, per paura di poter contagiare o essere contagiati, dall'altro però non posso non notare con grande rammarico che i numeri sembrano essere diventati più importati delle persone e che le notizie e gli aggiornanti sembrano interessare di più delle reali condizioni di salute dei propri vicini o concittadini, quasi in una ricerca morbosa dello scoop o del dato esatto. Vorrei che che vi ricordaste - rincara il sindaco - che dietro la parola "casi" ci sono delle persone, delle madri, dei padri, dei figli che oltre a vivere questo momento con grande apprensione per sé stessi, soffrono maggiormente per il fatto che un loro caro si trova in situazione di maggior pericolo perché positivo al virus».

«Essere una comunità in questo momento significa riuscire a sostenere queste persone, stando loro accanto con rispetto, senza puntare il dito verso chi poi, più o meno consciamente, viene ritenuto “l'untore del territorio”. I commenti che postate, soprattutto sui social network, ricordate che possono essere letti da tante persone, possono essere condivisi e purtroppo possono arrivare anche a chi in questo momento avrebbe bisogno di essere aiutato piuttosto che giudicato. Vorrei che lo spirito di comunità che da sempre ci rappresenta tornasse ad essere al centro dell'attenzione, che iniziassimo a preoccuparci un po' di più del nostro vicino cercando così, ognuno nel suo piccolo, di ricreare quella rete di relazioni che rendono un gruppo di persone una comunità e un paese. Vi invito a riflettere a vostra volta su questi miei pensieri e nel frattempo vi saluto con affetto».

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