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Festival della Statistica di Treviso: la parola d'ordine diventa "spopolamento"

“Nella demografia c’è il destino politico ed economico di un Paese. Infatti, lo squilibrio tra generazioni sottrae popolazione attiva e produttiva all’economia” ha il prof. Matteo Rizzolli

TREVISO Il Festival della Statistica di Treviso, giunto alla sua seconda giornata, ha registrato sabato mattina un’impennata da far tremare i polsi. Lasciati per un momento in disparte i giochi statistici di Piazza dei Signori e di Piazza Borsa, nel Salone dei Trecento sono stati immessi in un programma informatico sia il tasso di fertilità attuale (1,34) sia l’attesa di vita dei nati oggi (83,8 anni) con lo scopo di sapere, tutte le altre condizioni alla pari, quante persone abiteranno l’Italia fra cento anni. Un puro esercizio. Oggi sono 59 milioni e 423 mila, quante saranno nel 2118? Saranno poco più di 16 milioni.

Nella Marca Trevigiana lo spopolamento sarà solo un po’ più lento a causa del tasso di fertilità leggermente superiore a 1,49 figli per donna. “Perché ciò si verifichi tra cento anni, ma tra venti anni saremo comunque già otto milioni in meno”, ha detto il prof. Matteo Rizzolli della Lumpsa di Roma, “è sufficiente comportarsi come adesso, cioè non fare nulla per favorire la natalità e dare sostegno alla famiglia”. Un puro esercizio che disegna tuttavia un’Italia con la popolazione concentrata in alcune grandi città, tutto il resto in abbandono. In un baleno in sala si è capito quale sia la forza della statistica, la sua capacità predittiva a livello teorico. L’argomento trattato da Matteo Rizzolli insieme con Vincenzo Bassi del Forum nazionale Famiglie era stato proposto dal Centro della Famiglia di Treviso, partner quest’anno di Statisticall, l’unico Festival europeo della Statistica coordinato dal prof. Eugenio Brentari e promosso dalla Società Italiana di Statistica (SIS) in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) e con la Società Statistica Corrado Gini di Treviso. Il tema assegnato questa mattina era “Famiglie: i numeri per tornare a crescere”.

Il passivo demografico, il problema numero uno nel nostro Paese, non è ancora entrato nei programmi della politica. “Nella demografia c’è il destino politico ed economico di un Paese”, ha concluso Rizzolli. Infatti, lo squilibrio tra generazioni sottrae popolazione attiva e produttiva all’economia del Paese, rende insostenibile alle nuove generazioni sostenere i costi fissi di quelle precedenti, non produttive, bisognose di previdenza, assistenza e sanità. Al primo evento sulla famiglia è seguito il secondo dal titolo, coerente, “Il presente dei giovani e il futuro del Paese: un’alleanza generativa”. Tema trattato da Alessandro Rosina docente alla Cattolica di Milano e da Walter Colesso ricercatore al Centro della Famiglia. Dalle ricerche del prof. Rosina è risultato che nei prossimi dieci anni l’Italia perderà 2,5 milioni di persone nella parte centrale della popolazione, confermando la pericolosità del piano inclinato dipinto da Rizzolli. Sono tre i fattori che maggiormente i giovani percepiscono come ostacoli al loro inserimento nel mondo del lavoro: invecchiamento degli occupati sul posto di lavoro, innovazione tecnologica che richiede competenze che il Paese non offre e immigrazione anche se nel 2017 immigrati e emigrati sono stati in numero pari.

Segnali di allarme concreti. Ma un giovane dal pubblico ha voluto sapere perché tutto questo succede senza che ci siano azioni visibili di contrasto. Il prof. Rosina: “La soluzione c’è e sta in progetti di lungo termine, la politica cerca invece risultati e consenso a breve, al massimo tra una consultazione elettorale e la successiva. Un ruolo spetta tuttavia anche alle famiglie. L’errore principale che può fare una comunità è indurre le nuove generazioni ad adattarsi al mondo di oggi, a quello che il presente offre. Vanno, al contrario, incoraggiate a mantenere alta l’ambizione di cambiare la realtà per costruire un futuro più in sintonia con propri desideri e potenzialità. E’ questo il ruolo che devono avere le generazioni più mature, ponendosi in modo gener-attivo verso i giovani, non solo attraverso la protezione dei genitori verso i figli”.

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