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Pensionati: più tariffe e meno servizi, i sindacati: «Veneto non è un paese per vecchi»

Oltre il 65% dei pensionati è costretto a vivere con meno di mille euro lordi all'anno denuncia la Spi Cgil: «Vigileremo affinché vengano tutelate le fasce più deboli della popolazione»

In una regione che continua a invecchiare e a fare pochi figli, gli Enti locali investono sempre meno sulle politiche a favore delle persone anziane mentre il gettito fiscale aumenta trascinato soprattutto dalla voce “tariffe”.

PIÙ TARIFFE, MENO SERVIZI

Il quadro emerge dal secondo report socioeconomico elaborato dallo Spi-Cgil del Veneto e riferito al biennio 2016 (anno in cui è stato decretato il blocco dei tributi locali) - 2018 (ultimo anno di “blocco”). In questo lasso di tempo il gettito fiscale - costituito da imposte immobiliari e addizionali comunali - è aumentato, passando da circa 1 miliardo e 520 mila euro del 2016 a 1.570 mila euro del 2018. Le principali entrate, però, sono garantite dalle tariffe (rette asili nido e case di riposo, biglietto autobus e tutti i servizi individuali) dove i Comuni veneti hanno portato a casa nel 2018 quasi 2 milioni e 600 mila euro in più di due anni prima (da circa 248,5 a 251 milioni di euro). I soldi messi in bilancio per interventi dedicati alle persone anziane, invece, sono passati dai circa 95 milioni del 2016 a poco meno di 90 milioni (-5,7%). Non solo. Nei bilanci dei Comuni sono diminuiti anche gli stanziamenti alla voce “tutela della salute”, scesi dai circa 9 milioni e 212 mila del 2016 ai quasi 8 milioni del 2018 (-13,4%).

INVECCHIAMENTO

Il tutto in un biennio in cui il numero degli over 65 veneti è passato da 1.081.371 a 1.122.005 (40.634 persone in più con un incremento del 3,8%), un invecchiamento che si fa ancora più preoccupante se messo a confronto con la fascia più giovane della popolazione (0-14 anni). Nel 2016 in Veneto il rapporto era di 159,2 ultrasessantacinquenni ogni 100 under 14, a fine 2018 è di 172,1 ogni 100.

NON AUTOSUFFICIENTI

La scarsa attenzione da parte dei Comuni e anche della Regione per i problemi delle pensioni anziane è dimostrata anche dall’ultimo stanziamento di Palazzo Balbi, che ha messo a bilancio per la non autosufficienza risorse ancora limitate. In Veneto le persone non autosufficienti sono circa 200 mila, per lo più anziani (soprattutto donne) ultraottantenni. E la pensione di invalidità civile arriva a (indennità di accompagnamento) nel settore privato è di poco superiore ai 500 euro mensili.

REDDITI E PENSIONI

Il report analizza tutte le componenti socioeconomiche dei 563 Comuni veneti. Per quanto riguarda le famiglie venete, il reddito medio pro-capite da lavoro dipendente nel 2017 (ultimo dato disponibile) è di 21.362 euro, mentre quello da lavoro autonomo è di poco inferiore ai 50 mila euro (48.919). In ogni caso due contribuenti su cinque dichiarano meno di 15mila euro lordi all’anno. La pensione, anche grazie alle battaglie del sindacato, si è leggermente incrementata nel corso degli anni. In media per gli ex lavoratori del settore privato l’assegno previdenziale medio è di 943 euro lordi mensili. Però oltre metà dei pensionati (il 55,7%) ha assegni inferiori ai 750 euro lordi mensili. Non solo. IL 65,6% sta sotto ai mille euro lordi al mese.

REPORT E NEGOZIAZIONE

Il report, costantemente aggiornato e arricchito dalle mappe navigabili inserite nel sito www.spi.veneto.it e contenenti i verbali frutto della negoziazione sociale, offre spunti di grande interesse e suggerisce politiche per gli enti locali. «Gli spunti di riflessione che emergono dell’analisi – spiega Renato Bressan, della segreteria dello Spi Cgil del Veneto con delega alla negoziazione sociale – sono molti. Nel primo report che abbiamo presentato era emerso il fallimento del federalismo fiscale, con un aumento notevole dei tributi locali per i cittadini veneti, diretta conseguenza del taglio dei trasferimenti statali. Ora, invece, evidenziamo, fra le tante cose, la scarsa attenzione di molte amministrazioni nei confronti delle persone anziane che ormai rappresentano un quarto della popolazione residente e, in futuro, aumenteranno notevolmente. Attraverso la negoziazione chiediamo alle amministrazioni di porre attenzione alle politiche per le fasce deboli della popolazione, aumentando e non diminuendo gli investimenti per i servizi sociali e prevedendo esenzioni sulle tasse locali per i redditi più bassi». Per Paolo Righetti, della segreteria della Cgil regionale, «la negoziazione è uno strumento fondamentale per dialogare con le amministrazioni locali. Restano però i problemi relazionali con palazzo Balbi, soprattutto sul fronte sociosanitario. Per esempio, sulle riforme delle Ipab, che ci hanno visto protestare più volte con presidi davanti alla sede del consiglio regionale, non abbiamo ancora ottenuto risposte concrete».

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