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La protesta delle dipendenti di Serenissima ristorazione: «Nessuna tutela»

La manifestazione in mattinata all'esterno dell'ospedale Ca' Foncello di Treviso. Le lavoratrici lamentano anche l'utilizzo della cassa integrazione per chi lavora nel nosocomio e in altre strutture gestite dall'azienda

Quasi totale mancanza di tutele sanitarie per le lavoratrici e i lavoratori di "Serenissima ristorazione" e uso surrettizio della cassa integrazione per i dipendenti impegnati sia presso il Ca' Foncello di Treviso che nelle altre strutture a cui l'azienda fornisce il servizio mensa. Questi i principali motivi della manifestazione di protesta che si è svolta in mattinata di fronte all'ingresso del nosocomio trevigiano.

«Il 7 Aprile è la giornata mondiale della sanità -si legge in un comunicato diffuso in mattinata- Quest'anno più che mai questa giornata diventa importante per provare a rimettere al centro la questione della spesa per la sanità. L'emergenza che stiamo vivendo sta evidenziando come tutti i tagli alla sanità effettuati negli anni vadano a colpire in modo drammatico indifferentemente tutta la popolazione. Uno degli strumenti per tagliare sulle spese della sanità riguarda sicuramente la riduzione del costo del lavoro. Noi, lavoratrici e lavoratori di Serenissima, conosciamo bene questa storia. E' da quasi cinque anni che vediamo sempre più aggredito il costo del nostro lavoro da logiche di mercato secondo cui è più importante risparmiare mezz'ora di lavoro piuttosto che pensare all'effettiva qualità del servizio che viene offerto: in questo senso abbiamo visto progressivamente ridotte le nostre ore lavorative, con addirittura la proposta (accettata da alcune sigle “sindacali”) di pagare le ore di supplementare come ore ordinarie».

«Da quando è iniziata la crisi dovuta alla diffusione del corona virus ci siamo fatte carico di un enorme carico di lavoro e di tensione -continua la nota- Consapevoli di svolgere un servizio essenziale, così come tutti gli altri servizi che vengono svolti negli ospedali, abbiamo assunto in pieno questa responsabilità e ci siamo messe a disposizione per fare la nostra parte in una situazione estremamente difficile. Abbiamo chiesto di poter avere le stesse garanzie di sicurezza dei nostri colleghi medici ed infermieri: lavoriamo fianco a fianco, negli stessi spazi e negli stessi reparti, corriamo gli stessi rischi. Tuttavia secondo l'ULSS e SERENISSIMA noi non siamo lavoratori come gli altri: a loro parere o siamo immuni a qualsiasi malattia o la nostra salute vale meno di quella degli altri. In questo senso dobbiamo lottare quotidianamente per poter aver accesso ai dispositivi di sicurezza individuali, che secondo la nostra società noi dovremmo usare per più giorni senza cambiarli. Oltretutto a nessuna di noi è stato fatto un tampone, nonostante ci siano più colleghe a casa con febbre alta e tosse».

«Siamo lavoratrici e lavoratori dell'ospedale anche noi e la nostra salute vale come quella di tutti gli altri! -si legge ancora- Vogliamo che ci vengano garantiti gli stessi DPI dei nostri colleghi e gli stessi controlli, come tutela per noi, per le nostre famiglie e per i pazienti dell'ospedale! Ora l'ennesima beffa: SERENISSIMA ha deciso di aprire la cassa integrazione anche per noi dipendenti dell'ospedale. Siamo lavoratrici part time, i nostri stipendi non sono di certo stratosferici, e ricevere solo l'80% dello stipendio rappresenta un duro colpo per le nostre finanze. Oltretutto, Serenissima ha deciso di applicare la cassa integrazione senza accettare un confronto con noi per valutare in che modo effettuare le rotazioni, evidenziando un totale menefreghismo nei nostri confronti. Ma non finisce qui: in una lettera ai suoi dipendenti, Serenissima comunica che in questo momento difficile è fondamentale restare uniti, che solo insieme ci rialzeremo. Nel frattempo decide di non anticipare la cassa integrazione, condannando molte lavoratrici a rimanere senza stipendio per almeno tre mesi.  Questo riguarda in particolare le lavoratrici delle mense scolastiche della provincia di Treviso e di Venezia, che essendo in cassa integrazione a zero ore, non vedranno alcuna entrata se non la gentile concessione della quattordicesima mensilità fino ad ora maturata».

«Ci sorgono spontanee alcune domande -si chiude la nota- come si può pensare di utilizzare la cassa integrazione per lavoratrici dell'ospedale in un momento del genere? Non è forse questa un utilizzo surrettizio degli ammortizzatori sociali che mira a risparmiare qualche lira a spese dei contribuenti? E come è possibile che una azienda come Serenissima, che vanta quasi 6000 dipendenti, non possa discutere con le varie committenze per anticipare la cassa integrazione ai propri lavoratori? Noi crediamo che tutto questo sia inaccettabile: la situazione che stiamo vivendo dovrebbe insegnare a tutti il valore del lavoro che viene svolto in ospedale, a prescindere dalla mansione. In questo senso pare evidente come affidare a aziende private settori di un lavoro delicato e che dovrebbe essere fatto senza centellinare i soldi che vengono spesi sia una contraddizione in termini: in particolar modo Serenissima sta dimostrando di tenere di più a far quadrare i conti piuttosto che a salvaguardare un servizio ora più che mai fondamentale. Chiediamo un confronto urgente con Serenissima e ULSS per ottenere condizioni  dignitose sia per la nostra salute che per salvaguardare le finanze delle nostre famiglie! Noi reclamiamo rispetto e tutele per la nostra salute e per il nostro reddito, lo stesso rispetto che crediamo debba essere garantito a tutti!».

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