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Osteria dalla Gigia: «Chiusura che fa male e obbliga a riflettere»

La dedica alla storica attività trevigiana di Renato Salvadori, presidente di Ascom Confcommercio Treviso

Si discute da sempre sul fatto che le città abbiano una propria specifica anima, e sugli aspetti peculiari che la costituiscono. Cioè i luoghi, i monumenti, la storia, ma anche, se non soprattutto i negozi, i cibi, i  vini e soprattutto, gli  esercizi che li servono e le persone che li popolano. Questo, per Treviso è  la Gigia. E con la Gigia l’infinità di altri locali commerciali che servono anzitutto un “piatto de bona siera” cioè l’accoglienza, un sorriso il gusto di stare insieme. Fin dai tempi dello “stecadente d’oro” premio per il miglior “spunceto” inventato dagli Amici di Ponte Dante, Treviso ha messo al centro il ben-essere dei propri abitanti e visitatori, aprendosi ad un abbraccio senza distinzioni che, nella convivialità rumorosa delle proprie osterie, trovava la dimensione umana più vera. E’ sempre stato così, anche dopo lo spopolamento cittadino dovuto allo sciagurato risiko immobiliare che, pur svuotando strade e piazze, non ha tolto ai Trevigiani la voglia della battuta intorno ad un “ombra”. Per questo le chiusure dei locali, che nella scelta dei gestori della Gigia, grazie alla specifica notorietà trovano amplificazione, fanno male e obbligano a riflettere. Il tema che si pone è il valore collettivo e culturale prima ancora che economico, che queste attività possiedono. In osteria non si va per bere l’ombra, ci si reca per incontrare le persone, per confrontare le idee, per costruire opinioni, che sono anche cultura della città.

Le osterie non sono biblioteche o gallerie d’arte, forse i dialoghi non sono altrettanto sofisticati ma, dal loro fiorire si coglie davvero il sentimento che muove le persone e quindi il cuore vero delle cose. Bello! Si ma anche defaticante per chi sta dall’altra parte del banco. Chiamato a prestare attenzione e sorrisi per la mescita, ma anche professionalità e mestiere nelle preparazioni e per l’allestimento, insieme ad un’infinita  puntigliosità nella gestione amministrativa a sanitaria. Di più, dotato di  nervi saldi per reggere l’impatto, spesso intollerante, del rapporto di vicinato.  Anche per questo la turnazione dei locali è elevata. E comunque, come nel caso della Gigia e di molte altre attività, viene il momento in cui i proprietari - gestori, avendo dato molto, sentono che è arrivato il momento del riposo, o di un diverso ritmo di vita. Giusto? Normale? Si! Ma siccome ne perde tutto il tessuto sociale, occorre farne riflessione complessiva. Intanto sperando che, per capacità e fortuna, gli attuali gestori siano capaci di trovare una continuità gestionale alla loro altezza.

Poi riconoscendo collettivamente il valore del loro lavoro e la profondità del sogno lasciato nelle relazioni sociali – noi lo faremo in occasione del premio annuale GENERAZIONE T (talento e terziario) destinato a premiare le eccellenze di commercio, turismo e servizi, confidando che anche comune e regione possano avere identica attenzione. Infine incoraggiando i giovani ad entrare nel mondo del commercio e dei pubblici esercizi percependone il valore, non solo economico, ma soprattutto quello culturale e di tradizione. Senza dimenticare gli aspetti amministrativi, affitti e adempimenti normativi in primo luogo, per i quali servono strumenti comprensibili, semplici e facilmente percorribili. Su questi fronte FIPE, il nostro sindacato dei pubblici esercizi, è pesantemente impegnato nel progettare e realizzare percorsi di semplificazione operativa. Ma, pur essendo questo molto importante, non è di per sè sufficiente se, intorno a chi fa vivere grazie al proprio sforzo imprenditoriale le città, non si coagula il condiviso sentimento dei cittadini. E certamente questo avverrà, grazie all’attenzione suscitata dalla Gigia che, speriamo possa ripetersi per tutti gli altri esercizi che si troveranno nelle stesse condizioni.

Renato Salvadori, presidente di Ascom Confcommercio

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