rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024
Attualità

L'addio al Signor Gilberto e subito l'idea: intitolargli il Palaverde

Il ricordo e l'eredità di un grande imprenditore trevigiano del giornalista Federico Bettuzzi. L'omaggio del vignettista trevigiano Beppe Fantin

La città medievale sconvolta dalla Pasqua di Sangue del '44. Il luogo natio di pontefici, artisti, politici. La location di una nota e pungente commedia all'italiana. L'origine di attentati terroristici e di scandali finanziari nazionali. Per tanto tempo questa è stata Treviso nell'immaginario collettivo dell'italiano medio che ripensava al capoluogo della Marca solo se si nominavano Bepi Maffioli (il suo colonnello Barbacane ne "Vogliamo i colonnelli" di Monicelli è appunto trevigiano) e Gustavo Selva, se si parlava delle prime indagini su Piazza Fontana o del contrabbando di petrolio. Poi sono arrivati i Benetton, quattro fratelli. Maglioni colorati, moda facile da comprare, una piccola rivoluzione nella comunicazione. Della tetrarchia, uno solo ebbe l'intuizione di utilizzare lo sport come possibilità di riscatto del territorio, come volano morale per i terzisti che costituivano la spina dorsale nel nascente impero economico e come veicolo pubblicitario dalla forza dirompente.

Gilberto Benetton ha attraversato le epoche. Da ragazzo, nel dopoguerra della faticosa rinascita, giocava a pallacanestro sotto lo sguardo di Ciano Bortoletto e quella passione non l'ha mai abbandonata. Ha tentato di dimenticarsene quando dovette compiere il passo decisivo verso il disimpegno del gruppo nei confronti dello sport ma in cuor suo la passione bruciava ancora. Nel 1981 decise di affiancare Aldo Bordignon colorando di bianco e verde le divise fino ad allora biancocelesti della A.P. Treviso, poi Pallacanestro Treviso Spa. Tempo tre anni si giunse al passaggio di consegne, lo sponsor diventò proprietario. Era il periodo di Scavolini, capostipite del ristretto club dei miliardari del canestro che davano il proprio nome e marchio alla squadra. E Benetton è stato questo, per Treviso: un nome, un marchio, una garanzia economica e di successo. In definitiva, l'applicazione in ambito sportivo del modello manageriale d'impresa.

Il Benetton Sportsystem per un periodo è parso un colosso inarrestabile. Tre sport di squadra nella Treviso da bere degli anni '80 e '90, quella del boom economico-bis. Più la sponsorizzazione estemporanea della pallanuoto a Pescara. Più la scuderia di Formula Uno, nata sulle ceneri della Toleman e capace di lanciare campioni e vincere tre titoli. Più l'esperienza nel Motomondiale, con una squadra impegnata direttamente nelle cilindrate inferiori ed il marchio ben visibile su tuta e carena del cannibale australiano Mick Doohan. Non basta: il Benetton Sportsystem di paròn Gilberto è stato anche fucina di talenti dietro le scrivanie, poiché la crescita esponenziale ed il successo non possono prescindere da competenza, capacità ed applicazione. Gherardini, Da Re, Munari, Lefebre, De Conti, Coldebella, Briatore si sono affermati anche grazie a Gilberto Benetton che riconobbe in loro le doti per rivoluzionare la sonnacchiosa dirigenza sportiva italica, ancorata a modelli superati - uniche eccezioni nel periodo, l'eclettico Montezemolo ed il vituperato Giraudo.

La lungimiranza di un uomo straordinario si è vista in ambito finanziario. L'annunciata morte del tessile italiano di bassa qualità fu intuita a tempo di record, aggredendo il mercato delle privatizzazioni e delle partecipazioni. Tra avventure sfortunate (chi ricorda la compagnia telefonica Blu?) e grandiosi investimenti (Autogrill), l'impero si è espanso. Oltre lo scetticismo o lo scherno di qualche vecchio marpione della finanza nazionale. Al culmine del successo però sono arrivati alcuni dolori. Lo scandalo Lorbek, una svista regolamentare sfruttata ad arte da nemici privi di scrupoli, lasciò amaramente il segno in un Gilberto Benetton già deluso dalla piega che 12 anni fa aveva preso l'Eurolega che proprio i suoi uomini avevano contribuito a lanciare. Pochi anni dopo, il disimpegno su quasi tutti i fronti, mantenendo il rugby per passione del fratello Luciano e per contratti già firmati di collaborazione con la FIR, più che per irremovibile convinzione. Sul piano finanziario, i tormenti di un gruppo affidato alla seconda generazione che ha deciso il delisting da Piazza Affari, ha perseguito strategie non sempre efficaci per tornare alla fine al tessile. E le difficoltà di condurre in porto quello che sarebbe stato il capolavoro assoluto, la fusione tra Autostrade ed Abertis con la nascita di un colosso europeo della viabilità.

Il 2018 è un anno tragico per la famiglia Benetton. In pochi mesi i lutti si sono succeduti: il marito di Giuliana, poi Carlo che era il più giovane e forse anche il più riservato di tutta la vecchia generazione. Ad agosto, la tragedia di Genova e la bieca, sordida, disgustosa opera di sciacallaggio politico nell'italianissimo campionato dello scaricabarile che ha convocato ai piedi del viadotto crollato in Valpolcevera un torneo straordinario, tra macerie e 43 vite spezzate. Gilberto Benetton ha visto impotente il nome della famiglia insozzato in ogni modo ed è difficile oggi pensare che quelle cattiverie gratuite, comprese le speculazioni sul Ferragosto in famiglia a Cortina, non abbiano aggravato una situazione di salute già preoccupante. La scomparsa di Gilberto Benetton lascia Treviso senza una delle sue anime. Chissà se da domani i trevigiani si accorgeranno di quanto il vituperato re dei maglioni ha lasciato in eredità, dai restauri alla Fondazione degli Studi, dalla Ghirada al Palaverde, dalle biblioteche al Master SBS. Chissà.

Sarebbe sicuramente buona cosa almeno offrire un tangibile segno di ringraziamento. Il Palaverde, gioiello ancora oggi dopo 35 anni, meriterebbe di cambiare nome e trovare una degna titolazione. E sarebbe ancora poco per onorare la memoria di un uomo che in silenzio, con garbo e col sorriso, ha dimostrato con i fatti di amare tanto la sua terra.

Tratto dal blog Baletalgei

In Evidenza

Potrebbe interessarti

L'addio al Signor Gilberto e subito l'idea: intitolargli il Palaverde

TrevisoToday è in caricamento