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Mozione anti aborto, è bufera su Zanini, il Pd: «Deriva estremista»

L’appello e l’attacco del leader della Cgil trevigiana, Giacomo Vendrame al sindaco Conte: «L’amministrazione sia inclusiva e coerente con le scelte fatte, questo atto non ha nulla a che vedere con il sostegno alle famiglie»

«In queste settimane si respira una brutta aria a Treviso, in città e provincia -dichiara Giovanni Zorzi, segretario provinciale del Partito Democratico- Non mi riferisco però al conclamato inquinamento atmosferico dei nostri territori, tra i peggiori in Europa. Parlo del clima politico che la destra, Lega in testa, sta alimentando con alcune iniziative di chiara e delirante ispirazione nostalgica ed estremista». Nei giorni scorsi si sono infatti registrati, nell’ordine: il rifiuto da parte del sindaco di Oderzo, la leghista Scardellato, ad accogliere con il patrocinio comunale una conferenza di Don Ciotti in tema di giustizia sociale, la parata per le vie del centro di Treviso di un centinaio di esponenti di un movimento che si richiama in modo evidente, a cominciare dal simbolo, alla Repubblica Sociale di Salò, autorizzata e addirittura promossa dall’amministrazione leghista con tanto di lettera ai consiglieri comunali, ieri la pretestuosa mozione di Zanini e ora la presentazione, nelle sale del municipio trevigiano, di un fumetto dedicato alla tragedia delle foibe, distribuito nelle scuole medie con i soldi della Regione Veneto e pubblicato da una casa editrice che risulta vicina agli ambienti di Forza Nuova, noto movimento neo-fascista, nel quale ha militato in passato l’attuale consigliere comunale Visentin.

Dichiara preoccupato Zorzi: «Queste sono vere e proprie provocazioni, ostili ai principi sanciti dalla nostra Costituzione e funzionali a nascondere alla gente la totale insipienza politica di chi le promuove. Guardiamoci attorno la qualità dei servizi pubblici, da quelli abitativi e quelli di cura, è in deterioramento, le scuole si svuotano, i nostri giovani fuggono all’estero, la viabilità delle nostre strade continua ad essere una trappola  mortale, storiche aziende come Stefanel chiudono i battenti, nei cantieri e nei capannoni si registrano, troppo spesso, incidenti e vittime. In questo scenario così complicato per i nostri territori, la Lega e i suoi alleati di destra preferiscono concentrare tempo e risorse per difendere posizioni ideologiche che, come per il rifiuto a Don Ciotti o per la mozione di Zanini, servono solo ad aumentare risentimento e fratture nella nostra comunità».

«Qualcosa però si sta muovendo nella società trevigiana – confida Zorzi –  Il successo della manifestazione di Piazza Borsa dello scorso ottobre e quello dei presidi spontanei in giro per la provincia contro il Decreto Salvini di sabato 2 febbraio ci fanno ben sperare. Per  chi non ci sta a questa deriva politica e culturale è il momento di alzare la testa e di ritrovarsi, nelle piazze e tra le istituzioni, in un impegno unitario per difendere la democrazia da slogan e politiche che mirano a discriminare, togliere diritti acquisiti e offendere la dignità delle persone. Il PD su questo intende essere in prima linea. Qualsiasi iniziativa a sostegno di questo impegno è necessaria a cominciare dalle prossime elezioni europee ed amministrative, per le quali, anche qui in provincia di Treviso, serve un lavoro condiviso e plurale con cui offrire al cittadino una seria e credibile alternativa alla Lega e alla destra e aprire una nuova stagione fatta, non di propaganda e provocazioni con lo sguardo rivolto al passato, ma di attenzione ai veri problemi della gente, nel rispetto di quei valori che rendono civile la convivenza e più dignitoso il futuro».

ANCHE LA CGIL SI SCAGLIA CONTRO ZANINI «Chiediamo al Sindaco di Treviso Mario Conte di dare un segnale chiaro di inclusione e di coerenza intervenendo affinché la mozione presentata dal consigliere comunale Vittorio Zanini venga ritirata». Giacomo Vendrame, leader della CGIL provinciale entra nel dibattito sulla mozione antiaborto e famiglie omogenitoriali che in questi giorni ha acceso gli animi e urtato diverse sensibilità dei cittadini del capoluogo trevigiano. «La mozione va ritirata – va dritto il vertice di via Dandolo – con senso di responsabilità, nel rispetto delle donne e delle diverse sensibilità che compongono la società trevigiana quella non è una pagina da scrivere per un’amministrazione comunale che si dichiara moderata, moderna e rappresentativa di tutte le istanze della comunità del capoluogo. Non basta modificare la mozione se il Sindaco Conte vuole essere coerente con le sue dichiarazioni elettorali e con le scelte amministrative recentemente fatte, quel testo va stralciato, e si passi oltre. O dobbiamo dedurre che per il governo cittadino questi presupposti, anacronistici ed estremisti, rappresentano una priorità di carattere amministrativo? Sebbene proprio di amministrativo ci sia ben poco in quelle raccapriccianti righe, in particolare alla luce del fatto che nessuna misura concreta a sostegno delle famiglie, né economica né progettuale, vi è inserita».

«Come il Comune di Treviso è uscito dalla Rete Re.A.Dy. adducendone l’inconsistenza di fronte alla già sufficiente normativa nazionale e regionale in materia di lotta alla discriminazione -continua il segretario generale della CGIL di Treviso- coerentemente, non dovrebbe dare spazio a tali posizioni, divisive per altro, che intervengono in campi non attinenti al proprio agire amministrativo e che, tra l’altro, travisano la realtà. Se un problema c’è – sottolinea Vendrame – è proprio quello che la CGIL di Treviso ha sollevato nel corso del 2018, nel celebrare i 40 anni dall’entrata in vigore della Legge 194, nel suo significato più profondo: la libertà di scelta delle donne rispetto alla gravidanza, personale e insindacabile, non solo è costantemente attaccata ma è minata dalla cronica carenza di personale medico e sanitario non obiettore di coscienza. Nella nostra provincia i ginecologi obiettori sfiorano il 78% del totale (2 punti in più della media regionale), con i casi eclatanti di Treviso e Castelfranco Veneto dove la percentuale tende al 90%. E a questi si sommano gli anestesisti (con percentuali dell’80% a livello regionale) e gli infermieri. C’è poi una mancanza di trasparenza che rende sostanzialmente impossibile verificare i tempi di accesso alle interruzioni volontarie di gravidanza, visto che per quasi il 75% dei casi il dato non è disponibile. La legge sancisce un diritto che lo Stato è chiamato a garantire pena il ritorno all’oscurantismo e alla clandestinità, che nulla hanno a che vedere con il sostegno alle famiglie”.

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