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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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L'ultimo bombardiere italiano abbattuto alla fine della Grande Guerra

A cent'anni di distanza San Pietro di Feletto ricorda con tre speciali eventi quei tragici avvenimenti che hanno segnato la storia del primo conflitto mondiale

Forse non tutti sanno che cento anni fa, nel comune di San Pietro di Feletto, cadde l’ultimo bombardiere italiano della Prima Guerra mondiale. Era il 27 ottobre 1918.

Nello schianto morirono tutti e quattro gli aviatori del veivolo: il tenente Mario Tarli di Ascoli Piceno, il sergente Giannetto Vassura di Cotignola e i mitraglieri Dandolo Zamboni di Desenzano e Domenico Fantucci di Vallo di Nera. A questo tragico evento sono ispirate tre iniziative che chiudono in questi giorni le celebrazioni del centenario della Grande Guerra nel Felettano. Sabato 13 ottobre, alle ore 17, presso la sede municipale di Rua di Feletto verrà inaugurata la mostra fotografica e modellistica “Ultimi echi della Grande Guerra tra cielo e terra” in collaborazione con la scuola secondaria di 1° grado di Rua di Feletto, il Club Frecce Tricolori n. 40 e l’Associazione Arma Aeronautica di Conegliano. La mostra è integrata dalle immagini “Alisto-Ali nella storia” della Provincia di Treviso. «Questa mostra racconta la storia che ci riguarda da vicino e vuole documentare uno spaccato di quel periodo, sia della vita militare che civile, raccontando la fatica della sopravvivenza e l’onore per chi è morto per la libertà delle future generazioni – spiega il sindaco Loris Dalto -. Le foto descrivono una guerra che non è ancora sopita nell’oblio perché simbolo di un drammatico sconvolgimento che echeggia tuttora in ognuno di noi, dato che tutti abbiamo un nostro avo che di quel periodo fu suo malgrado protagonista».

Sabato 27 ottobre, invece, sempre alle ore 17 ma presso la barchessa municipale di Rua, si terrà il convegno “L’ultimo bombardiere” con relatore il colonnello pilota Roberto Sardo. Infine, domenica 28 ottobre alle ore 10 in piazza del Municipio a Rua di Feletto avrà luogo la cerimonia di commemorazione dei quattro aviatori caduti appunto il 27 ottobre 1918 con benedizione della lapide commemorativa (vedi foto) e sorvolo di un velivolo storico della Jonathan Collection. Gli eventi sono organizzati dal Comune di San Pietro di Feletto in collaborazione con il comitato promotore Grande Guerra e la Pro Loco.

Il racconto di quel tragico 27 ottobre 1918

Il 1918 fu l’ultimo anno di quella Grande Guerra che doveva nascere e risolversi come azione bellica veloce. Molti videro questo conflitto prima con gli occhi e l’entusiasmo di ragazzi e poi con uno sguardo carico di sofferenza e orrore. L’ultimo anno non fu più facile degli altri: le truppe straniere occupavano il nostro territorio, la prima linea sulle sponde del Piave faceva percepire la guerra in tutta la sua atrocità. I combattimenti non si limitavano più alla terra ma si susseguivano anche nel cielo. Aerei dell’uno e dell’altro fronte si fronteggiavano nell’aria e supportavano le azioni di guerra. Negli ultimissimi giorni gli scontri si fecero più duri e Rua di Feletto entrò nei libri di storia. Un bombardiere italiano cadde proprio a due passi dal campanile della parrocchiale dopo essere decollato dal campo di San Pelagio per un’azione di supporto all’esercito nel corso dell’offensiva di Vittorio Veneto. Era il 27 ottobre 1918. Il giorno dopo l’esercito italiano avrebbe liberato queste terre che tornarono ad essere parte dell’Italia. La Guerra dunque sta per concludersi ma non è ancora finita. Anche la 4ª Squadriglia è impegnata a supporto dell'esercito e deve compiere una missione su Vittorio Veneto. È a Ca' degli Oppi. Quella mattina Mario Tarli prende la caffettiera, la mette sul fuoco, ma scoppia mentre sta salendo il caffè. Guarda il fratello Ermanno, un alpino che trascorre un periodo di convalescenza al campo di aviazione anziché tornare a casa. “Mah! Che sarà mai una caffettiera scoppiata?” Ci ride sopra come a voler scansare un presagio. “Rifacciamo il caffè...” taglia corto sul brutto pensiero. ”Ragazzi, qua se non parto anch'io con il tenente Tarli faccio un macello”. È il sergente Giannetto Vassura che chiede insistentemente ai superiori di costituire la squadra insieme ai mitraglieri Dandolo Zamboni e Domenico Fantucci. È in licenza ma quando ha saputo della missione non ha sentito ragioni, è ripartito da casa per essere con i suoi compagni. I quattro si riuniscono, controllano il Caproni 11503 e lo caricano di bombe. Il Ca vira sulla pista di terra battuta, prende velocità ma è pesantissimo, si alza in volo con notevole difficoltà. I 16 aerei della 4ª squadriglia sono in volo carichi di bombe da sganciare sull’obiettivo. Il Ca 11503 è meno potente degli altri, fatica a tenere il passo. Il tempo è inclemente, grava una fitta nebbia. Volare con queste condizioni atmosferiche è già un’impresa ardua, difficilissimo stare in formazione con la squadriglia. Due caccia austriaci attaccano il Caproni che si difende strenuamente riuscendo a disimpegnarsi e a raggiungere l'obiettivo nei pressi di Vittorio Veneto. A quel punto vira per tornare al di là del Piave, ma nello scontro ha subito danni ingenti, vola a bassa quota ed è preda del fuoco antiaereo. Sopra il cielo di Conegliano un colpo di Shrapnels gli squarcia un’ala staccandola quasi completamente. Il Ca 11503 si piega da un lato entrando in vite, perde il controllo e precipita verso il suolo. Prima colpisce un albero, poi si schianta contro un muro a pochi metri dal campanile di Rua di Feletto. Da testimonianze raccolte pare che tre dei componenti siano morti sul colpo, un quarto, forse un mitragliere, sia stato brutalmente ucciso da soldati nemici a colpi calcio di fucile. Il Ca 33 n° 11503 è l’ultimo trimotore italiano perso in combattimento durante la Prima Guerra Mondiale.

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