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La città di Treviso ed il conferimento della Medaglia d'Oro al Valor Militare

Tra il 1944 e il 1945 la città, durante la seconda guerra mondiale, subì 21 mitragliamenti, 35 bombardamenti, 1600 morti nella popolazione civile

Alla fine della seconda guerra mondiale, la neonata Repubblica Italiana sentì «l'obbligo di segnalare come degni di pubblico onore gli autori di atti di eroismo militare», ricompensando, con delle decorazioni al valor militare, non solo i singoli combattenti, militari o partigiani, ma anche quelle istituzioni territoriali a cui era stato riconosciuto un ruolo rilevante nella Guerra di Liberazione.

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La città di Treviso è una delle città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione: è stata infatti insignita della medaglia d'oro il 13 aprile 1948 per i sacrifici sofferti dalle popolazioni e per l'attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale. Tra il 1944 e il 1945 la città subì 21 mitragliamenti, 35 bombardamenti, 1600 morti nella popolazione civile e oltre 350 feriti gravi.

Testo della motivazione con cui è stata conferita la decorazione di Medaglia d'oro al Valor Militare alle città di Treviso:

«Fiera delle sue tradizioni di libertà che già ne fecero centro attivissimo del Risorgimento Nazionale; supremo baluardo della Patria sulle rive del Piave nella guerra 1915 - 1918; sollevò dalle sventure dell'8 settembre 1943 la fiaccola della resistenza; eccitò alla lotta contro il tedesco invasore; organizzò le prime schiere armate della pianura e della montagna; fu per tutto il periodo della dominazione straniera, l'anima di una resistenza indomabile di popolo e di brigate partigiane, spiegando energie combattive e capacità direttive in tutta la regione veneta. Dilaniata nelle carni dei suoi figli caduti davanti ai plotoni d'esecuzione nemici; distrutta nei suoi edifici; bagnata nelle sue piazze dal sangue di vittime innocenti, lasciò alla storia d'Italia 248 caduti e 144 feriti partigiani; 10.261 internati e deportati politici; 1600 uccisi e 350 feriti per bombardamenti e il ricordo delle epiche gesta della sua insurrezione, allorché il popolo, accorso tra le rovine di 3783 case distrutte, combatté al fianco dei partigiani, unito a loro in un unico slancio di fede e di libertà.» Roma 10 gennaio 1950

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