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Lo scrittore trevigiano Francesco Targhetta ha vinto il Premio Berto

L'autore de "Le vite potenziali" si è aggiudicato la ventiseiesima edizione del celebre premio letterario. Un riconoscimento che le consacra come uno degli scrittori italiani del momento

TREVISO Francesco Targhetta, con il romanzo "Le vite potenziali", è il vincitore della ventiseiesima edizione del Premio Letterario Giuseppe Berto per scrittori di narrativa esordienti.

Nato a Treviso 38 anni fa, Targhetta insegna lettere alle scuole superiori. Ha vinto nel 1999 il Premio di scrittura Berto Giovani, da studente dell’ultimo anno del Liceo, nella sezione poesia. Ha pubblicato un libro di poesie (Fiaschi, ExCogita, 2009) e un romanzo in versi (Perciò veniamo bene nelle fotografie, Isbn, 2012). Nel 2014 ha vinto il premio Delfini e il premio Ciampi (da cui la plaquette Le cose sono due, Valigie Rosse, 2014). Con Le vite potenziali fa il suo esordio in prosa, e centra due prestigiosi obiettivi. Oltre a vincere il Premio Berto, infatti, è finalista del Campiello. Targhetta è stato proclamato e premiato, con un assegno di cinquemila euro, nel corso della finale del Premio, svoltasi in Casa Berto, a Capo Vaticano, Ricadi. Nella cinquina di finalisti, che era stata annunciata dalla giuria a Mogliano Veneto nel corso della riunione conclusiva della selezione della sessantina di opere presentate a questa edizione dagli editori, c’erano anche Carlo Carabba, con Come un giovane uomo, Marsilio Editori, Oreste Lo Pomo, con Malanni di stagione, Cairo, Mirko Sabatino, con L’estate muore giovane, Nottetempo, Matteo Trevisani, con Libro dei fulmini, Atlantide.

Le motivazioni della Giuria

Dopo l’esperienza del racconto in versi, Francesco Targhetta approda definitivamente alla forma romanzo e raggiunge un felice equilibrio tra la narrazione di un tempo quotidiano e il resoconto di un’epoca dove tutto è permanentemente inconcreto, tutto è racchiuso negli spazi di una provincia che si fa periferica rispetto al cuore pulsante dell’Europa e perfino il lavoro, da sempre considerato a fondamento di ogni esperienza umana, diventa una lotta tra avversari evanescenti. Ritratto generazionale, espressione di una contemporaneità problematica, indagine sulle tante lacerazioni di una felicità inseguita e mai definitivamente raggiunta, Le vite potenziali ha il pregio di raccontare il nostro presente con la complessità di un paesaggio senza passato e senza futuro. Ed è il resoconto già maturo di un autore che arriva alla letteratura avendo alle spalle un mondo adulto da raccontare. Così la Giuria ha motivato la decisione di proclamare Francesco Targhetta vincitore di questa XXVI edizione del Premio Berto.

Il romanzo

Al centro di questo romanzo d'esordio ci sono tre vite, tre visioni del mondo, tre modi diversi e complementari di sopravvivere alla contemporaneità. Il loro spazio è la Albecom, azienda informatica che sorge alla periferia di Marghera; l’ha fondata, ancora giovanissimo, Alberto, “trentaquattro anni, apprezzata abilità nell’assemblare mobili Ikea, una passione per la buona tavola e il culto della chiarezza”. Tra i programmatori che lavorano per lui c’è Luciano, con cui Alberto condivide l’amore per internet fin dai tempi del liceo. Ma, a differenza dell’amico, Luciano si trova a suo agio dietro le quinte: schivo e paralizzato dalla propria scarsa avvenenza, si rifugia nel lavoro e nel rifocillamento dei gatti randagi di Marghera, tormentato solo, di tanto in tanto, dal desiderio di avere qualcuno da rendere felice. A completare il triangolo c’è Giorgio, il pre-sales dell’azienda, procacciatore di nuovi clienti: “percorso da un brivido di elettricità sempre”, tiene nel cruscotto della macchina L’arte della guerra di Sun Tzu, che consulta come un oracolo. E così, mentre Luciano allaccia con Matilde, barista della tavola calda di fronte alla Albecom, un’amicizia presto caricata di nuove speranze e Giorgio riceve una proposta sottobanco da un vecchio collega, le giornate dei tre amici si intrecciano in un groviglio di segreti e tradimenti che si dipana tra la provincia veneta e le città di mezza Europa e che li costringerà, infine, a compiere scelte sofferte e decisive.

La serata finale

Folto e appassionato il pubblico che, nel giardino della casa che Berto eresse sul promontorio di Capo Vaticano rivolto verso le Eolie e la Sicilia, ha assistito alla serata finale, con alternarsi di reading di brani tratti dalle opere di Giuseppe Berto Il male oscuro e Anonimo veneziano, con gli attori Alessandro Cosentini e Jo Lattari, accompagnati dal musicista Massimo Garritano, realizzata dal Comune di Ricadi con la collaborazione dell’Associazione Avvistamenti Teatrali. Il Comune di Ricadi, assieme a quello di Mogliano Veneto, fa parte del Comitato Promotore del Premio, con l’Associazione Culturale Giuseppe Berto, cui partecipano Emanuela ed Antonia Berto, moglie e figlia dello scrittore, la collaborazione dei Licei Statali “Giuseppe Berto” di Mogliano Veneto e Ricadi e il patrocinio della Regione Calabria. “Giuseppe Berto ha amato la sua terra di origine e quella di adozione, il Veneto e la Calabria, Mogliano Veneto e Capo Vaticano e noi siamo orgogliose di mantenere in vita questo Premio che, oltre ad essere un appuntamento importante per la scoperta di nuovi talenti della letteratura italiana, è un ponte, tra due città, due regioni, due culture, due comunità. Quest’anno ricorre il 40mo anniversario della scomparsa di Berto, che a Capo Vaticano è sepolto, e le sue due città organizzeranno una serie di eventi per celebrarlo e mantenere viva la memoria di uno dei più grandi autori del Novecento italiano e questo legame tra le sue due terre”, hanno dichiarato Giulia Russo e Carola Arena, sindaco rispettivamente di Ricadi e Mogliano Veneto.

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