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Tiramisu, una storia di famiglia trevigiana: dai Tiretta ai Salsa, fino a Giovanni Comisso

Nel novero delle ricerche condotte per il progetto "Storia di Treviso attraverso una storia di famiglie trevigiane, dal Medioevo al XX° Secolo. Alpino Tommaso Salsa e le sue famiglie. Collocazione in ambito di 100 Europes 1914-2018", gli alpini trevigiani sono venuti a conoscenza delle origini, per così dire più antiche del tiramisù, attraverso le memorie di uno tra i più prestigiosi esponenti della cultura italiana, il Prof. Manlio Brusatin, che a sua volta racconta quanto ebbe modo di ascoltare da Giovanni Comisso nell'ultimo suo periodo di vita, nel freddo inizio del 1968

TREVISO In questi anni si sta argomentando molto sul Tiramisu e pochi conoscono il ruolo avuto da Giovanni Comisso (Treviso 1895-1969) nel far conoscere e approdare nei presidi culinari trevigiani la ricetta del Tiramisu tramandata nella sua famiglia. "Conobbia metà anni '60 il Tiramisù - racconta Silvio Ghedin - come dolce servito a conclusione del rituale pranzo domenicale preparato da mia nonna Giuseppina Salsa (Verona 1906-Noale 1995) nella sua casa di Zero Branco, la quale parlava di 'ricette di casa Salsa' insegnate a lei da giovinetta, mentre non apparteneva alle tradizionali elaborazioni veronesi della sua mamma Ines Barni (Caldiero 1882-Zero Branco 1968)".

Tiretta-Salsa

Va detto che 'casa Salsa' comprendeva, limitandoci in questa circostanza ai personaggi per quanto ci interessa, la sua nonna Co. Giuseppina Tiretta Salsa (Treviso 1829 - Firenze 1917), moglie dell'Avvocato Agostino Salsa (Treviso 1823-1888) e madre del Generale Tommaso Salsa (Treviso 1857-1913) e di Claudia Loredana Salsa Comisso (Treviso 1861- Zero Branco 1954) coniugata con Antonio Comisso, madre dello scrittore Giovanni. "Il Tiramisù di mia nonna era un trionfo di ingredienti  e aspetto, giacché per la nostra gioia ed esultanza sovrabbondava di tutto e soprattutto di cacao per limitare il sapore del caffe che a noi fanciulli incuteva timore di essere un po' amaro. I Savoiardi, seppure bene inzuppati all'ultimo momento, mantenevano forma distinta ed evidente".

"Tre anni fa al termine dell'inverno, durante una conversazione con la proprietaria di El Brite de Larieto sull'Alverà a Cortina - racconta Silvio Ghedin dell'associazione Alpini Per Treviso - a proposito delle origini della ricetta del Tiramisù, interpellai telefonicamente mia mamma Tommasina Mazzoleni, custode delle ricette di casa Salsa, alla quale risulta che del Tiramisù la ricetta venne sempre tramandata a voce trattandosi di una realizzazione abbastanza semplice, fermo restando che sua mamma utilizzava quasi esclusivamente i Savoiardi, dato che il Pan di Spagna doveva approvvigionarlo fresco in pasticceria a Treviso, ma poi preferiva comunque l'aspetto ottenibile inserendovi i biscotti piemontesi, ma soprattutto la ricetta tramandata, originata  dalla nonna Giuseppina Tiretta, quelli prevedeva!".

"Come siamo però soliti fare da qualche anno, ricorsi poi a Google per verificare l'aiuto che poteva darci, magari facendoci scoprire qualche fonte ancora sconosciuta - continua Ghedin - E fu così che da quel momento, scoprendo l'intervento del Prof. Manlio Brusatin di Asolo, leggendo 'I problemi veri dell’Italia – 2' sul blog di Giancarlo Santalmassi, noi tutti ringraziamo il Prof. Manlio Brusatin di Asolo che con la con la sua memoria super partes fornisce una prova scientifica sulle origini trevigiane del Tiramisu imperniata sulle conversazioni con Giovanni Comisso, oltre che per averci trasferito i racconti di quest'ultimo sul Tiramisù e su alcuni componenti della famiglia Tiretta, tanto da indurci  a comprendere definitivamente che di questo ultimo casato e dei Salsa esistono delle vere e proprie epopee da riscoprire".

"Orbene, rispetto alla cugina (mia nonna) Giuseppina Salsa nata nel 1906, per evidente ragione anagrafica il cugino Giovanni Comisso (nato nel 1895) conobbe ben piu a fondo la loro nonna Giuseppina Tiretta (discendente del contino Odoardo Tiretta, amico e imbattibile rivale di Jacopo Casanova) che morì sfollata a Firenze nel 1917 (caso della vita il 12 gennaio, data di nascita della sua predetta amatissima nipotina omonima), della quale mia nonna ricordava soprattutto gli anni della Grande Guerra passati con lei a Firenze dove erano riparati da Treviso per sfuggire ai bombardamenti con tutti gli altri parenti e dove viveva l'anziano ed unico bis-zio vivente Antonio Salsa, di cui racconta Giovanni Comisso in 'Giorni di guerra e in altri scritti', che può controllarlo e aiutarlo nel suo servizio militare, durante il quale il nostro deve accettare la dipendenza economica dal padre che gli lesina i soldi, facendoglieli amministrare dallo zio che lo costringe ad un'economia 'quasi pidocchiosa', l'abulia e le durezze della vita di caserma, alle quali reagisce corazzandosi di indifferenza e ironia".

"Conoscendo il carattere della nobildonna Giuseppina Tiretta, va da se che non trasferì la ricetta del Tiramisù alle maestranze del caffè Giubbe Rosse in cui erano solite trascorrere i pomeriggi fiorentini, riservando alla sua intima  trevigianità serale 'questo dessert che era la sua esclusiva cena invernale (anche l’ultima)'. Non ho dubbi sulla soddisfazione della trisnonna Giuseppina Tiretta negli anni dell'occupazione austriaca di utilizzare i biscotti piemontesi Savoiardi che '...evocavano più simbolicamente e patriotticamente l’annessione del Veneto all’Italia dei Savoia' per la quale non esitò a profondere ingenti sostanze ed a mettere a rischio la propria incolumità per arrivare fino alla soglia di Francesco Giuseppe e dei suoi attendenti in reiterati tentativi di far liberare 'per mezzo del Dio Oro' alcuni patrioti, come per Luigi Dottesio e Luigi Pastro incarcerati a Venezia nel 1851, ma questo è solo un passaggio di  un'altra lunga e avvincente storia , una delle tante da riscoprire di cui furono  protagonisti  i Salsa ed i Tiretta fin dal 1300".

Questa però è la descrizione della storia e della composizione del Tiramisù trasmessa al Prof. Brusatin da Giovanni Comisso: "...La sua preparazione e diffusione in età moderna si deve ai trevigiani Alfredo Beltrame e Giuseppe Maffioli nei luoghi da loro più frequentati (Alle Beccherie, El Toulà, Da Alfredo). Ma Giovanni Comisso è stato, per chi scrive, l’interprete letterario e anche il testimone più informato sulla ricetta del Tramisú, nei sui soggiorni in Asolo, nella foresteria del maestro Malipiero, poco prima del suo addio definitivo La nonna di Giovanni Comisso, discendente del contino Odoardo Tiretta, amico e imbattibile rivale di Jacopo Casanova, era addirittura una devota del Tiramisú (anzi originariamente tirame-pausa-su) come lei ha sempre chiamato così questo dessert che era la sua esclusiva cena invernale (anche l’ultima). Il Tiramisú nacque concordemente nella marca Trevigiana, allora sotto il dominio austriaco, dove il piacere del caffè e della cioccolata era veneziano ma le materie prime provenivano soltanto da Vienna, capitale di quel territorio che allora come oggi è chiamato Lombardo-Veneto. L’altro ingrediente, il formaggio chiamato mascarpone o mascherpone (probabilmente dal lombardo “mascherpa” che vuol dire ricotta, ma non è ricotta) proveniva invece da Abbiategrasso ma anche da Lodi, Como e Lecco ed era un formaggio invernale che si fa non dal latte ma dalla crema di latte assolutamente fresca e solo debolmente acidificata con succo di limone. Infatti ci sono nel Tiramisú tre cose ricche e grasse come il caffè, il cacao e il mascherpone e cose più povere e semplici da sbattere, come le sei uova per una produzione famigliare, di cui si mettono da parte due chiare e se ne sbattono almeno quattro per montarle a neve con spolverate di zucchero a velo, mentre i tuorli si amalgamano con energia al mascarpone e spruzzi di zucchero, fondendo queste due mescolanze solo alla fine".

"La verità di questo dolce ipercalorico - continua Brusatin - è il fatto che fosse necessariamente invernale (anche il suo raffreddamento finale si faceva solo con la temperatura del freddo esterno e non della ghiacciaia). Ma fin qui nulla di particolare, diffidando severamente da quanti propongono erroneamente uno zabaione o una crema pasticcera al posto del più normale ed energico “sbattutino”, anche se il giallo non sarà così accecante ma assolutamente in tono con il marrone intenso del cacao e del caffè. Assolutamente proibita – ben s’intende – ogni aggiunta di panna, per non crollare sul Tiramisú, che sarebbe una punizione. Ecco qui, nel Lombardo Veneto pre-unitario si dividevano due scuole di consumatori. Cronologicamente il Tiramisú si colloca giusto alla epoca della delle guerre di indipendenza nazionale. Essendo notoriamente il Tiramisú costruito a strati, alcuni utilizzavano, per la nota farcitura, il pan di Spagna, altri i biscotti Savoiardi. Il Pan di Spagna echeggiava gusti più filoasburgici e austriacanti, i Savoiardi invece evocavano più simbolicamente e patriotticamente l’annessione del Veneto all’Italia dei Savoia. Personalmente però suggerisco un Pan di Spagna anche piuttosto duro, e vicino alla crosta, per essere spennellato di caffè italianamente napoletano. I savoiardi bagnati di caffè diventano problematici, quasi come la battaglia di Lissa, quelle sconfitte che per il Veneto e l’Italia si sono poi trasformate in vittorie".

"Non mi dilungo - dice il professore - nella stratificazione del tiramisù che diventa la vera opera muratoria e architettonica, come la malta e i mattoni per una casa, arrivando all’ultimo strato dove si spalma l’amalgama di mascarpone, tuorlo e chiara d’uovo e dove avviene, come una benedizione, lo spolvero di cacao. Qui però cancellerei quell’effetto vellutato e traditore per aspiranti mangiatori che possono rimanere soffocati alla prima boccata, con una granulometria più o meno fine di schegge di cacao amarissimo, meglio se grattugiato o sfogliato con strumenti appositi che di solito servono per carote, verdure o anche trifole. Non si prevedono liquori disciolti nella mescolanza perché il Tiramisú ha il suo vino di accompagnamento classico che evoca qui veramente la nascita e la fine dell’Italia (savoiarda) come il Marsala. Ma ora, ad Europa unita, suggerisco un dolceamaro Porto, lì dove sono finiti i savoiardi ma esistono ancora oggi almeno trecento tipi di Porto e un dolce qui sì veramente simile al pan di Spagna che si chiama pão-de-lo".

"Altra cosa - conclude Brusatin - il Pan di Spagna che noi preferiamo nel Tiramisú, in tutta la Spagna non esiste, come l’Insalata Russa a San Pietroburgo non è mai esistita. Ora però il Tiramisú esiste dappertutto. 'Mangiare per sapere' evoca un detto di Goethe che aggiunge 'si vede quello che si sa' e più che un fatto di estetica è un problema di gusto, anche il Tiramisú. Questo è solo quanto ho sentito dalla voce appannata di Giovanni Comisso nel lungo inverno del millenovecentosessantotto. Tirame-su infine, solo e semplicemente perché così lo chiamava sua nonna, che in questo modo invocava anche il buon Dio, perché non si dimenticasse di lei". 

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