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Cronaca Mogliano Veneto

Maxi furto di gasolio alla Petroven, dieci persone arrestate

Dieci persone sono state arrestate, tra Treviso e Venezia, per un maxi furto di gasolio alla Petroven di Marghera e minacce a dirigenti della Eni. Coinvolto anche un ex sindacalista della Cgil

Avevano messo in piedi un ingegnoso sistema criminale, fatto di minacce ai colleghi "dissidenti" e ai dirigenti dell'azienda, che fruttava loro un fiume di soldi.

DIECI ARRESTI - Dieci persone, tra Venezia e Treviso, su 17 indagati sono state raggiunte da altrettanti provvedimenti restrittivi "per 34 capi d'imputazione", come ha spiegato il procuratore aggiunti di Venezia, Carlo Mastelloni.

A scoprire lo stratagemma messo in piedi da quattro dipendenti della Petroven, azienda del gruppo Eni di Marghera e uno dei più grandi stabilimenti d'Europa, per sottrarre gasolio all'azienda e rivenderlo a distributori compiacenti, è stata la Digos di Venezia.

La Petroven invece non si era accorta dell'ammanco di carburante, perché il quantitativo rientrava nella fascia di tolleranza dello scarto fisiologico dovuto a eventuali evaporazioni o perdite, che si attesta intorno allo 0,5%.

Le menti dell'organizzazione erano due dipendenti della Petroven, M.B., 48 anni di Campalto (VE), e F.B., 51, di Salzano (VE) sindacalista, fino al 2012, nella Cgil poi espulso dallo stesso sindacato.

ORIGINE DELLE INDAGINI - I due, nel 2011, sarebbero autori di lettere incendiarie inviate a presidente, direttore e ingegnere della Petroven, che hanno fatto scattare le indagini.

All'epoca delle minacce la Digos aveva ipotizzato che si trattasse di ritorsione legate all'ambito di lavoro e per questo posero i tre dirigenti sotto tutela. Dopo una telefonata anonima arrivata a un quotidiano per riferire delle lettere incendiarie, però, il capo della Digos, Ezio Gaetano, decise di  seguire un'altra pista.

L'anomino, che poi si scoprì essere il 51enne, aveva usato una scheda "dedicata" utilizzata poi per chiamare il complice. Un errore fatale che permise agli inquirenti si scoprire come le minacce dovessero essere funzionali a mantenere inalterato il vecchio sistema di caricamento delle autobotti.

La Petroven infatti stava predisponendo una tutela maggiore all'impianto, unificando le sale controllo e raddoppiando la videosorveglianza e le barre all'ingresso dello stabilimento. Decisioni che F.B., sfruttando la popria carica sindacale. aveva contrastato in quanto avrebbero potuto nuocere al "traffico" di carburante messo in piedi con il complice.

650MILA LITRI RUBATI - Nel frattempo le autobotti  caricavano gasolio a fiumi: 650mila litri dal gennaio 2011 al marzo 2012, quando un autotreno con 40mila litri guidato da N.D.V., 52 anni di Biancade, venne fermato e sequestrato dalla Polstrada, su segnalazione della Digos. In quell'occasione intervenne la guardia di Finanza per le violazioni fiscali.

Ma ad altri trasportatori, F.A., 47 anni di Mestre (VE), e F.P., 38 anni di Silea, era andata sempre liscia.

Tuttavia c'erano dei colleghi "non allineati", vittime di ritorsioni da parte di trasportatori come I.S., 55 anni di Mira (VE), e G.N., 53 anni di Martellago (VE): le loro autobotti venivano respinte per presunte anomalie tecniche o erano sottoposte a lunghi periodi di attesa prima dei rifornimenti.

Nella vicenda è rimasto coinvolto, senza colpa, anche un dipendente accusato di aver inviato un sms alla dirigenza invitandola a "prestare attenzione", azione compiuta invece da un altro. La vittima subì un violento pestaggio dal pugile mestrino F.G., 40 anni, ingaggiato dall'organizzazione tramite un odontotecnico di Mestre, che oggi ha l'obbligo di dimora.

Intanto i carichi erano andati a destinazione. Tra i "clienti" privilegiati una pompa di benzina di Mestre, gestita dal 38enne moglianese A.F., ma anche altri benzinai, tra i quali uno a Godega di Sant'Urbano, un campo volo di Padova, ad altri amici della banda.

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