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Cronaca

House sharing, quasi la metà dei trevigiani è pronta a condividere la propria casa

Nonostante il tradizionale legame con le mura domestiche, il 42% dei trevigiani metterebbe in comune spazi e ambienti con altre persone e un ulteriore 17% non esclude di farlo in futuro

TREVISO Una fonte di guadagno, ma anche un’occasione per conoscere gente nuova e stringere amicizie. Soprattutto, un modo alternativo di vivere la propria casa, specialmente nei periodi di vacanza. Perché l’house sharing, che all’estero è un fenomeno in continua crescita, sta ormai entrando anche nelle corde dei trevigiani, che, come tutti gli italiani, sono invece da sempre molto legati alle loro mura domestiche. Secondo quanto emerge dall’ultima ricerca (Indagine CAWI condotta dall’istituto di ricerca Nextplora nel 2016 su di un campione rappresentativo della popolazione italiana per quote d’età, sesso ed area geografica) dell’Osservatorio di Sara Assicurazioni, la compagnia Assicuratrice ufficiale dell’Automobile Club d’Italia, infatti, quasi la metà dei trevigiani (il 42%) si dice pronto a condividere la propria casa con nuovi ospiti, mettendo in comune spazi e ambienti, mentre un ulteriore 17% non esclude di farlo nel prossimo futuro.

Il dato è ancor più di rilievo se si considera che la casa resta ancora oggi il luogo per eccellenza della loro intimità, quello in cui ci si sente sereni e rilassati (60%), ma anche un bene affettivo (38%) da lasciare ai figli (19%). Se da un lato, dunque, una fetta importante di trevigiani guarda con interesse all’house sharing, sono ancora numerosi quelli restii ad aprire la propria porta agli estranei (40%). Le ragioni? Il 17% non si fida di chi può entrare in casa, mentre un ulteriore 23% afferma categoricamente di non essere intenzionato a condividere la propria abitazione con nessuno al di fuori della famiglia. Favorevoli o meno che siano, i trevigiani ammettono che non sia facile condividere la propria casa con ospiti che non si conoscono: il 55%, infatti, teme di ospitare persone maleducate e poco rispettose, mentre il 36% ha paura di perdere la propria privacy. 

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