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Cronaca Cison di Valmarino

Delitto di Rolle, dieci ore di arringa della difesa di Sergio Papa

Per 600 minuti l'avvocato Alessandra Nava ha provato a "picconare" l'impianto accusatorio del pubblico ministero Davide Romanelli, definito in avvio di arringa "un castelletto di carte"

«Manca il movente ma soprattutto non ci sono prove ma solo fragili indizi. Sergio Papa non è l'assassino di Loris e Annamaria Nicolasi e per questo deve essere assolto, proprio per l'insufficienza della prova». E' durata dieci ore l'arringa di Alessandra Nava, il difensore del 35enne alla sbarra con l'accusa di essere l'autore del duplice omicidio volontario avvenuto il 1° marzo quando la coppia di anziani è stata trucidata a colpi di roncola nel giardino della loro casa di Rolle. Sergio Papa ha ascoltato l'arringa del suo legale seduto poco lontano dalla Nava, sul viso i segni evidenti del pestaggio che avrebbe subito nella notte tra mercoledì e giovedì in cella. Ha un vistoso cerotto sul naso, l'occhio destro tumefatto e uno zigomo gonfio coperto da un evidente ematoma. Al momento non è stato chiarito chi sia stato l'autore dell'aggressione su cui le autorità del carcere di Santa Bona hanno già aperto una indagine interna. Oggi invece dovrebbe essere il giorno della denuncia.

Per 600 minuti la Nava ha provato a "picconare" l'impianto accusatorio del pubblico ministero Davide Romanelli, definito in avvio di arringa "un castelletto di carte". «Non c'è un movente - spiega il difensore - sicuramente non quello della rapina, visto che l'omicida non ha neppure degnato di attenzioni il portafogli dentro al borsello, trovato in un tavolino del soggiorno, da cui peraltro uscivano anche delle banconote». Della ricostruzione fatta dal pm la settimana scorsa al termine della quale Romanelli aveva chiesto la condanna all'ergastolo con isolamento diurno per tre anni, il difensore di Papa non salva nulla. A cominciare dalle prime fasi dell'inchiesta scattate con il fermo del 35enne «In cui - dice - sono stati violati i diritti dell'indagato che non ha potuto sapere quale fosse la reale accusa che veniva mossa nei suoi confronti».

La difesa tenta di demolire tutta la ricostruzione della Procura, dai tempi in cui Papa sarebbe stato visto nei paraggi della casa dei Nicolasi la mattina dell'eccidio al particolare della macchina rubata e bruciata. «La Panda rubata non è quella trovata bruciata, lo dice lo stesso proprietario, non coincidono i segni distintivi sulla carrozzeria del veicolo». Stesso discorso per il dna, che sostiene l'avvocato sarebbe stato raccolto in violazione dei protocolli. L'avvocato mette una contro l'altra le conclusioni dei consulenti della Procura e del Ris di Parma da una parte e le tesi del perito di parte dall'altra. «C'è stata contaminazione? Non lo si può escludere anzi è probabile, l'unghia sotto cui è stato trovato il dna di Sergio Papa è stata conservata con altre, questo può aver avuto degli effetti sulla singola quantità trovata solo in una di esse. E anche la ricostruzione sull'orario dell'omicidio non tiene: sopra il corpo di Loris, in una scena del crimine che non è stata messa in sicurezza fino alle 17 del pomeriggio e in cui hanno camminato in tanti, è stato messo un telo che potrebbe aver condizionato la temperatura misurata dal patologo e aver fatto sballare i tempi». Poi una stoccata: «Forse - dice - chi ha davvero ucciso i Nicolasi sapeva della visita di Papa il giorno prima e della discussione con Loris e ne ha approfittato per commettere un delitto in questo caso sì davvero premeditato».

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