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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Pensioni a Treviso: anziane costrette a vivere con meno di 850 euro al mese

Segretaria generale Spi-Cgil del Veneto, Turati:"Troppa la differenza con i colleghi maschi, si riconosca il lavoro di cura. Le donne sono state penalizzate dalla legge Fornero"

TREVISO Vivere con una pensione lorda inferiore ai mille euro. Pagare l’affitto, fare la spesa, comprare i medicinali e dare una mano a figli e nipoti. E’ questa la situazione in cui si trova una pensionata veneta su due, come testimoniano gli ultimi dati dell’Inps elaborati dallo Spi Cgil del Veneto. Ed è Treviso il territorio con la percentuale più alta di “anziane” costrette in questa condizione. Nella Marca sono circa 12 mila e 400 le pensionate che portano a casa un assegno inferiore ai 500 euro contro 7 mila e 600 uomini . Per quanto riguarda gli assegni compresi fra 500 e 1000 euro vanno in tasca a oltre 48 mila e 300 pensionate trevigiane rispetto ai 17 mila 380 maschi . Riassumendo, più della metà delle pensionate della Marca devono sopravvivere con redditi lordi inferiori ai 1000 euro, cioè con meno di 850 euro al mese.

Per quanto riguarda le pensioni più alte, le differenze tra uomini e donne sono altrettanto eclatanti. Tanto per intenderci sono circa 14 mila e 800  i pensionati maschi con assegni superiori ai 2 mila 500 euro lordi.  Questa quota si abbassa al 3,5% se si guarda alle pensioni delle donne. La “condizione” delle pensionate trevigiane rispecchia in modo più ampio le differenze di reddito esistenti anche nel mondo del lavoro fra uomini e donne. In Italia, infatti, le lavoratrici prendono in media uno stipendio che va dal 16 al 30% in meno rispetto ai colleghi maschi. E di conseguenza con le pensioni le cose non vanno diversamente.

“Le responsabilità familiari non sono condivise e i servizi o non ci sono o sono troppo cari. Spesso quindi le donne – spiega Rita Turati, segretaria generale dello Spi-Cgil del Veneto – per motivi familiari sono costrette ad interrompere la loro carriera lavorativa o a chiedere una riduzione d’orario. Non è un caso che il part time sia molto più diffuso tra le donne. Da questo e dal gap salariale che ancora persiste scaturisce un assegno pensionistico inferiore. In più la prospettiva di vita è più lunga rispetto agli uomini e quindi molte pensionate “campano” con l’assegno di reversibilità che è spesso insufficiente a garantire un livello di vita dignitoso. Da parte nostra, proponiamo da tempo il riconoscimento del lavoro di cura, considerando che le donne sono state particolarmente penalizzate dalla legge Fornero che non ha tenuto conto del ruolo da loro svolto nel lavoro di cura, in particolare nei confronti delle persone anziane, che supplisce alle carenze del sistema del welfare. Dunque – conclude Turati – è necessario che venga esteso e potenziato, in tutte le gestioni previdenziali, il riconoscimento delle contribuzioni figurative per i periodi di congedo parentale e per i periodi in cui le donne, ma anche gli uomini, si dedicano al lavoro di cura e di assistenza di familiari disabili gravi”.

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