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Cronaca

Traffico illecito di rifiuti tessili, perquisita ditta di trasporti di Salgareda

Indagine dei carabinieri forestali di Modena. Si trattava soprattutto di cascami e ritagli tessili prodotti nel comparto industriale manufatturiero di Prato e smaltiti illecitamente all'interno di numerosisissimi capannoni del centro–nord Italia. In cella un 53enne originario di Treviso

Gli scarti di lavorazione dei laboratori tessili cinesi di Prato disseminati - illegalmente - in decine di capannoni di Emilia e Veneto. E' quanto hanno scoperto i militari del Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri Forestale di Modena insieme ai colleghi della Stazione Carabinieri Forestale di Pavullo nel Frignano, dopo quasi due anni di indagine. Proprio da Pavullo è infatti nata un'inchiesta sui cosiddetti "sacchi neri", coordinata dalla DDA di Bologna e durata quasi due anni, che ha permesso di scoprire un traffico illecito di rifiuti speciali, gestito da una banda che offriva i propri "servizi" agli imprenditori del comprensorio pratese, permettendo loro di abbattere in modo illegale i costi di smaltimento dei cascami e dei ritagli tessili.

Il sistema di smaltimento illegale

L'organizzazione criminale, per quanto non così "professionale" da essere considerata un'ecomafia, era stata in grado di creare una rete costituita da depositi per lo stoccaggio dei rifiuti in molte province: Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna, Reggio Emilia, Forlì Cesena, Prato, Livorno, Padova, Venezia, Vicenza, Treviso, Rovigo, Verona, Mantova e Perugia. Alcuni intermediari prestanome affittavano capannoni attraverso società fantoccio e facevano poi confluire lì i sacchi di rifiuti, trasformando di fatto gli immobili in discariche improvvisate e illegali, come quella scoperta nella zona industriale di Pavullo. Lo stratagemma adottato era quello della falsificazione dei documenti, in modo da etichettare i ritagli tessili non più come rifiuti speciali, bensì come sottoprodotti o materie prime secondarie. I rifiuti speciali richiedono infatti un elevato costo di smaltimento, che le aziende cinesi evidentemente non erano disposte a pagare, mentre questo "camuffamento" consentiva di trasportare i sacchi neri senza incorrere in violazioni, aggirando così la normativa sullo smaltimento.

I sequestri

In oltre un anno di inchiesta sono stati individuati e sequestrati circa 9.000 metri cubi di rifiuti, pari a 30.000 tonnellate. Per smaltire questa quantità di rifiuti speciali le aziende avrebbero dovuto sborsare nel complesso 500.000 euro, mentre la banda offriva prezzi ben più concorrenziali, presentandosi agli imprenditori tessili con ragioni sociali inesistenti e con la compiacenza di alcuni autotrasportatori. Nel solo stabile di Pavullo sono stati sequestrati 2.500 metri cubi di materiale e sono stati trovati anche materiali differenti, la cui origine è ancora sconosciuta.

I rifiuti speciali tessili non hanno certo un'elevata pericolosità intrinseca – si tratta di ritagli di stoffa – ma chiaramente costituiscono un fattore inquinante e di potenziale rischio, come ad esempio quello legato agli incendi. Un problema che diventa duplice se osservato ora dal punto di vista dei titolari dei capannoni, ignari di quanto accadeva, sulle cui spalle ora finiranno i costi di smaltimento (almeno in attesa degli esiti del processo).

Due arresti e 16 persone indagate

Con il blitz di questa mattina sono stati perquisiti e sequestrati  complessivamente 24 capannoni e sono finiti in manette i due vertici dell'organizzazione. Si tratta di un 53enne originario di Treviso ma residente a Bologna, considerato la mente del sistema truffaldino, e di un 40enne mantovano, per altro già ristretto in carcere per un'inchiesta analoga svolta nella provincia lombarda. L‘organizzazione si componeva poi di autotrasportatori compiacenti e soggetti impiegati come manovalanza presso i vari capannoni di destinazione dei rifiuti tessili. Nel complesso sono altre 16 le persone indagate, tra le quali anche un modenese che fungeva da procacciatore di nuovi capannoni. Il reato contestato è quello all'articolo 452 del condice penale, che tratta delle "attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti". Nella Marca è stata perquisita un'azienda di trasporti di Salgareda (dieci quelle coinvolte nell'inchiesta in tutta Italia), il cui titolare non risulta però nella lista degli indagati.

Smaltimento illegale, tante inchieste in atto

Quello dello smaltimento illecito dei rifiuti speciali è un fronte molto "caldo" per le Procure italiane. L'indagine nata a Modena non è infatti isolata: sono infatti in atto diversi procedimenti in molti territori italiani, a testimoniare come il fenomeno sia dilagante anche al di fuori dei confini della tristemente nota "terra dei fuochi". Una serie di fattori concomitanti – tra cui la normativa stringente sulle misure di sicurezza ed il numero esiguo degli impianti di smaltimento – ha di fatto alzato notevolmente i costi per le imprese che necessitano di smaltire rifiuti speciali e questo ha prestato il fianco al fenomeno malavitoso. Il contrasto da parte delle forze dell'ordine a questi crimini ambientali è quotidiano e attento, ma l'ampiezza del traffico è decisamente preoccupante.

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