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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Moda e abbigliamento, il focus di Ascom: «Ripartenza difficile»

Pubblicato il focus del centro studi EBiComLab sul terziario trevigiano per conto di Federmoda. Cambia la vita nei negozi di abbigliamento: in crescita le vendite online

È stato presentato venerdì 3 luglio, presso la sede di Confcommercio Treviso, il focus Federmoda, elaborato dal Centro Studi EBiComLab sul terziario trevigiano.

L’obiettivo è stato quello di misurare l’impatto del Covid-19 nel settore abbigliamento, moda (pelletterie, accessori e calzature), indagando un campione selezionato della provincia di Treviso di 100 commercianti associati a Confcommercio, non legati a marchi in franchising. L’indagine, appena conclusa, è andata oltre i cali di fatturato, ha analizzato gli strumenti e le strategie adottati dalle imprese, il rapporto con i fornitori, le relazioni con i consumatori, la diversificazione degli andamenti degli acquisti tra centri maggiori e centri maggiori. Ne è emerso un quadro variegato, con qualche sorpresa e molte conferme. I commercianti del settore “fashion” appaiono, nell’insieme “resilienti”, in quanto capaci (almeno per il 65%) di dotarsi di nuove strategie aziendali, modificando la propria struttura aziendale (35%), ampliando i canali di vendita (41%), modificando lo spazio espositivo (45%), incrementando gli strumenti digitali e le connessioni (48%). E’ confermato “l’affanno” economico di fondo del comparto, reduce da 70 giorni di lockdown, in totale crisi di liquidità (il 58% ha fatto richiesta ai finanziamenti bancari garantiti dallo Stato) e appesantito da contratti di affitto troppo onerosi e preoccupato per il personale dipendente. Cambia, nella sostanza, la “vita” dentro ai negozi. Con la riapertura, solo il 27% dei negozi ha visto un maggiore afflusso di pubblico rispetto alle attese, mentre il protocollo di sicurezza ha impattato abbastanza pesantemente, visto che per il 67% delle imprese ha creato limitazioni, disagio nel provare la merce (53%), ostacoli nella relazione  col cliente e quindi la diminuzione delle vendite (38%) o acquisti più rapidi e mirati (32%) o addirittura ostacoli all’entrata del punto vendita (16%). I consumatori, se da una parte si stanno confermando attenti al rispetto delle norme di sicurezza, dall’altra manifestano la volontà (per il 40%) di ridurre il tempo di permanenza nei negozi e l’orientamento ad acquistare articoli meno costosi e promozioni. Complesso il rapporto negoziante-fornitore: l’89% ha ottenuto una dilazione di pagamenti ed il 40% uno sconto sulla merce, ma nell’insieme ne è uscito, pur con varie sfumature, un rapporto difficile e non soddisfacente. Colpisce, quasi a sorpresa, anche se in realtà in linea con le tendenze in corso anche in altri comparti, una miglior tenuta degli scontrini e degli acquisti nei centri minori piuttosto che nelle città più grandi come Treviso, Conegliano, Castelfranco, Vittorio Veneto: a testimonianza del fatto che il lockdown ha rafforzato il legame col proprio territorio e col negozio sottocasa. A grande richiesta la spinta verso il digitale (il 41% dei commercianti la indica come riposizionamento nella strategia aziendale), che anche questa indagine conferma essere una delle strade principali per la ripresa.

I commenti

Per il presidente di Unascom-Confcommercio, Federico Capraro: «il quadro appare chiaro ed in linea con altri settori. Tre - secondo il presidente - sono i risultati che caratterizzano il cambiamento in atto. Il primo: la crisi di liquidità e la necessità di rivedere l’accesso al credito, significativo il numero di richieste ai finanziamenti garantiti ed in parte non ancora ottenuti, il secondo: la riduzione delle superfici di vendita verso cui sta andando il commercio, e quindi una diversa percezione delle città e dei centri storici ed urbani ed un ritorno alla dimensione  “piccola” in generale ed infine – il terzo - la rivisitazione totale dei contratti di affitto e quindi la necessità di avviare azioni  mirate per riformulare i rapporti coi proprietari. Temi sui quali Confcommercio si sta impegnando ed ha già avviato tavoli di confronto con i Comuni». Per il presidente di Federmoda-Confcommercio Guido Pomini: «il focus ci conferma: la grande spinta verso il digitale che oggi appare come la “scelta obbligata” per la maggioranza degli intervistati, anche in conseguenza dell’obbligo di distanziamento, ma che potrebbe diventare - di fatto-  anche una nuova modalità di vendita con l’incremento degli strumenti a disposizione. Alla luce dell’ insufficiente risultato della ricontrattazione degli accordi commerciali durante e alla fine del lockdown, è e sarà  necessario rivedere le basi contrattuali (copia commissione) con le quali si fanno gli approvvigionamenti  e la necessità di trasformare quel 26% ovvero il dato relativo alle imprese che pensano di licenziare, come uno strumento di forte resilienza attraverso la loro riqualificazione verso un percorso di crescita aziendale nell'ambito digitale». Infine, per il presidente di EBiCom Massimo Marchetti, questa indagine conferma «come sia necessario potenziare le politiche attive per evitare una potenziale importante fase di licenziamenti. Si conferma inoltre la validità di aver semplificato per le piccole e medie imprese tutti gli obblighi imposti in materia di sicurezza per gestire la fase Covid 19 e la necessità di avviare, come parti sociali, progetti non solo formativi, ma adeguati per consentire la riqualificazione del personale verso i nuovi orientamenti di consumo sia all'interno del settore sia verso altri settori».

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