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Economia

"Sindrome cinese" per la moda veneta: -10,5% nel primo trimestre

Preoccupazione tra gli artigiani veneti della moda, motore del manifatturiero regionale, per gli effetti della presunta crisi cinese sui mercati globali.

VENEZIA La Cina, quel mondo ancora inesplorato, manda segnali preoccupanti. C’è preoccupazione tra gli artigiani veneti della moda, motore del manifatturiero regionale, per gli effetti della presunta crisi cinese sui mercati globali. La moda, nel primo trimestre 2015, a livello regionale ha segnato un preoccupante -10,5 per cento. “Limitarsi ad accompagnare le imprese nella internazionalizzazione non è più sufficiente - spiega Luigi Curto, Presidente di Confartigianato Imprese Veneto -, bisogna monitorare il mondo e offrire loro una consulenza globale verso sempre nuovi mercati in modo da non dipendere da eventi del tutto imprevedibili e del tutto indipendenti dal nostro agire”. 

UN CROLLO IMPROVVISO Dall’analisi dell’ufficio studi di Confartigianato Imprese Veneto su dati Istat, emerge infatti che, pur pesando “solo” il 2,16% del valore delle esportazioni venete della moda (che nei primi tre mesi dell’anno hanno già superato i 2,5 miliardi di euro), i 55 milioni e mezzo di euro fatturati nel 1° trimestre di quest’anno segnano un regresso in doppia cifra -10,5% rispetto al trimestre precedente in cui le imprese venete avevano venduto merce per oltre 62 milioni. Un crollo improvviso e mai registrato negli ultimi due anni che colpisce tutte quelle aziende che hanno scelto il mercato cinese come terra promessa e che ora fanno i conti con un rallentamento che colpisce soprattutto il lusso, l’alta qualità ed il “su misura”. Terreni in cui operano con successo e determinazione le aziende artigiane. Non a caso le varie voci dei prodotti della moda (tessile abbigliamento, pelletterie e calzature) pesano per il 17% del totale export veneto verso il Paese del dragone.

“A preoccuparci –prosegue Curto- è che Pechino sembra stia cambiando il suo modello di sviluppo, meno basato sull'export e maggiormente sui consumi interni, e quindi anche su meno import. Un processo che rischia di penalizzare l'interscambio diretto tra Italia e Cina che anche se ad oggi tutto sommato limitato (10,5 miliardi di esportazioni italiane e 25 miliardi di beni importati), ha delle potenzialità incredibili per tutte quelle produzioni made in Italy che tanto fanno sognare i clienti cinesi”. “La dinamica del cambio poi –conclude il Presidente- influirà negativamente sulle statistiche delle vendite in Cina relative alla seconda metà dell’anno. L’export italiano, e quello veneto in particolare dovranno tenerne conto”.

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