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Economia

Casartigiani Treviso, cassa integrazione al 78% tra le piccole imprese

I dati dell’associazione trevigiana: 14.564 richieste, con percentuali che rasentano il 100% in alcuni settori. Piergiovanni Maschietto, presidente provinciale di Casartigiani: «Scenario drammatico, non bastano i prestiti per garantire l’occupazione»

Il 78% delle piccole imprese ha chiesto la cassa integrazione, che coinvolge l’80% dei dipendenti nel caso di aziende manifatturiere, e il 65% nelle imprese dei servizi. Sono i dati che emergono dall’analisi condotta da Casartigiani tra i propri soci di tutta la provincia di Treviso. Una diffusione consistente della Fsba e di altre forme di cassa integrazione per gli artigiani, emblematica dell’incertezza sul futuro per tutto il settore e per i lavoratori. «Per ripartire di fronte ad una crisi di queste dimensioni, serviranno aiuti cospicui. Soprattutto a fondo perduto, i prestiti non bastano», afferma Piergiovanni Maschietto, presidente provinciale di Casartigiani Treviso. 

Ebav, l’ente bilaterale dell’artigianato, ha ricevuto 14.564 richieste di cassa integrazione in provincia di Treviso e 14.007 sono i beneficiari (dati aggiornati al 18 maggio). Il settore che ha presentato più domande è quello del metalmeccanico, installazione impianti, autoriparazione (7.098 domande), seguito dal Legno (1.850), tessile (1.254) e acconciatura ed estetica (1.209). Le percentuali verificate da Casartigiani, attraverso i propri soci, indicano che quasi tutte le piccole imprese hanno richiesto la cassa integrazione, il 78%. Nelle zone di maggiore densità si è raggiunto l’80%, come nel montebellunese e nella destra Piave. Nel capoluogo e nella cintura urbana, caratterizzati da un maggior numero di aziende del terziario e dei servizi, la percentuale scende al 75%. Per quanto riguarda i lavoratori, tra acconciatori, estetisti e pasticceria – ovvero i settori che più a lungo sono stati costretti a rimanere chiusi – la cassa integrazione sfiora il 100%. Mentre negli altri settori la percentuale varia dall’80 al 65%, a seconda che si tratti di artigiani che operano nella manifattura o nei servizi. 

«Finita la cassa integrazione non si tornerà ai livelli occupazionali pre-Covid -afferma il presidente provinciale di Casartigiani Piergiovanni Maschietto- Il distanziamento sociale, la necessità di utilizzare dispositivi di sicurezza, la sanificazione rallenteranno la ripresa. I mancati rinnovi dei Co.co.co., e degli stagionali sono un segnale eloquente. Speriamo che da settembre ci sia una ripresa, seppur lenta e lunga. Per favorirla servono contributi a fondo perduto alle imprese sia dal Governo che dalla Regione per garantire l’occupazione, e una riduzione dell’imposizione fiscale per 24 mesi. Visto che i prestiti del Decreto liquidità hanno un iter lungo che non sempre va a buon fine, è necessario un intervento immediato per lasciare liquidità alle imprese:si abolisca l’acconto del 90% sui redditi 2020nella prossima dichiarazione dei redditi».

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