Reflex blue: l'architettura di clinica-urbana fotografata da Mattia Balsamini
Nella stanza un volume seziona trasversalmente lo spazio. Verso l'ingresso, sul lato dipinto a smalto reflex blue, alcuni fori invitano a guardare all'interno. Immagini di dettagli architettonici appaiono nella cavità: elementi strutturali e di arredo, connessioni e distacchi fra superfici in legno, laminato, calcestruzzo, lamiera nera, pietra. Negli scatti di Mattia Balsamini, sempre addosso alle cose, disimpariamo la nostra esperienza visiva. Non si è certi di riconoscere il punto di vista, le dimensioni sono alterate, i riferimenti contestuali si perdono. La vista precipita nell'oggetto delle immagini che, astratto nella luce fredda, emerge dal fondo scuro con una nuova identità. La macchina fotografica congela lo sguardo dell'architetto: osservare è progettare. Ritrae lo sguardo analitico che scandaglia e registra le cose, i tragitti dell'occhio decentrato incline a fissare ciò che l'occhio nudo trascura, lo sguardo che attraversa lo spazio e i suoi diaframmi traguardando il progetto. Ritrae la materia senziente di cui è fatta l'architettura, la materia che, al di là del foro, sembra a sua volta osservare noi. Sul lato opposto alla superficie blu, raggiungibile attraverso due passaggi laterali, questa macchina per la visione prende corpo e spessore. Logiche strutturali e apparati tecnici si rivelano mettendo in scena il processo costruttivo, rovesciando nuovamente lo sguardo.