Rassegna cinematografica "Campi lunghi: note su cinema e agricoltura"
Mercoledì 8 febbraio alle ore 21, con un incontro introduttivo tenuto dal curatore Luciano Morbiato, prende il via il secondo ciclo della rassegna cinematografica Paesaggi che cambiano, organizzata dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche nell’auditorium degli spazi Bomben di Treviso e dedicata ad Andrea Zanzotto (1921-2011). Il tema affrontato nei cinque appuntamenti in programma fra febbraio e aprile 2017, "Campi lunghi: note su cinema e agricoltura", introduce lo sguardo speciale del cinema in una direzione di ricerca, la cura della terra e il legame indissolubile tra agricoltura e paesaggio, che sta al centro di molti dei progetti sviluppati dalla Fondazione, negli anni recenti, nel campo degli studi e ricerche sul paesaggio.
L’agricoltura è nata grazie alla primordiale tecnologia applicata dall’uomo al suo lavoro e, nel corso dei secoli, i progressi nella coltivazione sono stati ottenuti dall’affinamento degli strumenti e dall’applicazione delle energie, dal bue al cavallo ai “cavalli-vapore”… Invenzione quasi contemporanea al trattore agricolo, il cinema è un linguaggio figurativo ma anche un trionfo della macchina, da quella del Cinématographe Lumière alle tecniche digitali di ripresa e proiezione. Mercoledì 8 febbraio alle ore 21, nella serata introduttiva, Luciano Morbiato ripercorrerà alcune tappe delle due “storie” attraverso la scoperta e il commento di una serie di sequenze tratte da film il cui interesse risulta duplice: di documentazione obiettiva e di trasfigurazione narrativa, ben sapendo che – prima degli strumenti e delle macchine – il ruolo di protagonista è (e dovrà tornare ad essere) quello del contadino.
Le proiezioni inizieranno mercoledì 22 febbraio alle ore 21 con I giorni del cielo di Terrence Malick (usa, 1978, 90’). La vicenda dei giovani vagabondi – la coppia Bill (un quasi esordiente Richard Gere) e Abby, e la ragazzina Linda, voce narrante – inizia a Chicago in un contesto operaio a inizio Novecento, per spostarsi nelle grandi pianure del Midwest dove la manodopera bracciantile è ancora fondamentale, alla vigilia del processo di meccanizzazione. Su uno sfondo idilliaco, da terra promessa (splendida fotografia di Nestor Almendros, premio Oscar), si innescano le varianti del desiderio (il padrone si innamora di Abby) e della cupa fatalità, dall’invasione delle cavallette all’incendio dei raccolti, con Bill e Abby in fuga, fino all’epilogo tragico (sottolineato dalla colonna sonora di Ennio Morricone), preludio alla ben più globale macchina della morte della Prima guerra mondiale. Al suo secondo film, Malick sperimenta le sue doti epiche, anche se gravate da una retorica da Antico Testamento.
Mercoledì 8 marzo alle ore 21 sarà proposto il film La linea generale di Sergej Ejzenstejn (urss, 1927, 90’). A suo modo, al modo proprio di un grande regista, La linea generale è un film di propaganda della battaglia per la meccanizzazione delle aziende contadine collettive, i colchoz, nella Unione Sovietica alla fine degli anni ’20. Certamente lo era all’epoca delle parole d’ordine del Comitato centrale del Partito comunista bolscevico, ma ora possiamo vedere e apprezzare le doti di libertà visionaria, sfrenata, di Ejzenstejn, che arriva al punto di animare le “macchine” del villaggio – dalla scrematrice al trattore – di una personalità dirompente, di un erotismo sfrenato e ignoto ai burocrati, cui invece i contadini (non vedremo altri visi così sporchi e audaci, così rudi e felici, e veri!) si adeguano con entusiasmo, quasi che il trionfo del trattore socialista sia un’altra manifestazione del futurismo russo.
Mercoledì 22 marzo alle ore 21 sarà la volta di Fango sulle stelle di Elia Kazan (usa, 1960, 105’). Una delle imprese più emblematiche del New Deal, voluto dal presidente Roosvelt per fronteggiare la grande crisi seguita al crollo del 1929, fu la costruzione della diga sul fiume Tennessee: a partire da questo aggancio alla storia, Kazan ha costruito un dramma nel quale il vecchio e il nuovo – rappresentati dall’anziana proprietaria Ella (Jo Van Fleet) e dal funzionario governativo Chuck (Montgomery Clift) – conservano entrambi ragioni e, di conseguenza, generano reciproche incomprensioni, sullo sfondo di una natura maestosa e terribile, esaltata dal Cinemascope. La storia è per noi doppiamente leggibile nel film, perché ricostruisce lo spirito di fiducia del New Deal nella capacità delle opere pubbliche di generare progresso, nel 1933, e perché documenta la speranza innescata dall’inizio della presidenza Kennedy, nel 1960, quando il film fu girato.
La rassegna si concluderà mercoledì 5 aprile alle ore 21 con Corn Island di George Ovashvili (Georgia, 2015, 100’). L’isola che il fiume ha creato è un’isola che il fiume può distruggere, spazzare via in un’onda di piena, travolgendo il campo di granoturco e rendendo vano il duro lavoro, di vanga, di un contadino. Come se non bastasse, il fiume divide i soldati di due eserciti che si fronteggiano dalle sponde opposte e si scambiano colpi di fucile, approdano sull’isola alla ricerca di fuggiaschi e guardano con sospetto il vecchio caparbio che semina nella tenue speranza di un raccolto. Il fiume che vediamo è l’Inguri, non molto lontano dalla sua foce nel Mar Nero: fino a pochi anni fa era fiume interno della Georgia caucasica, ora divide dalla provincia secessionista dell’Abkhazia, abitata da una maggioranza turcofona musulmana. La parabola è perfettamente plausibile e ci ricorda quanti contadini sono nelle stesse condizioni in troppe aree di crisi (di guerra) del pianeta, ma non possono fare altro che continuare a lavorare la terra.