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Agricoltura: senza diritti d'impianto territorio è a rischio

Scottà, Lega Nord: “Allarme, i diritti d’impianto della viticoltura non si toccano almeno fino al 2030: senza il nostro territorio è a rischio”

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TrevisoToday

“I diritti d’impianto nella viticoltura non si toccano”. E’ questo il monito forte dell’on. Giancarlo Scottà, della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, su un tema sempre più scottante e che preoccupa i produttori vitivinicoli.

Su questo punto anche il commissario europeo Ciolos ha recentemente manifestato una propensione al mantenimento, o quantomeno ad un’apertura sul tema della liberalizzazione degli impianti viticoli. 

“Credo non si siano dubbi  che il Parlamento è pronto a fare la sua parte e a lavorare per il mantenimento dei diritti d'impianto per i vigneti oltre il 2015, quando dovrebbero essere liberalizzati secondo quanto disposto dall'Ocm vino: sarebbe importante mantenerli almeno fino al 2030". Questa è la proposta che avanza l’eurodeputato della Lega Nord.  C’è da dire che la posizione, sulla quale il Parlamento si era espresso a larghissima maggioranza già lo scorso luglio è limpida.

“Bisogna che sia chiaro il fatto  che la liberalizzazione degli impianti dei vigneti – rincara l’on Scottà - metterebbe a rischio l'eccellenza del settore vitivinicolo europeo di qualità. Perché cambiare? L’attuale sistema funziona, e bene. Al massimo potrebbe essere rivisto o ritoccato qualora si evidenziasse una crisi del settore. Si andrebbe incontro a una delocalizzazione della produzione vinicola nostrana verso aree geografiche più vantaggiose a livello di costi di produzione, a danno della genuinità del Made in Italy. È anche sul sistema dei diritti che abbiamo fondato le basi per la nostra viticoltura di qualità”

“I diritti d’impianto sono uno strumento efficace di regolazione per contrastare la delocalizzazione della produzione che darebbe la libertà d’impianto. Per produrre vino non basta la titolarità dei vigneti ma bisogna disporre di una licenza: in Francia esistono al 1936 – sostiene  infine l’europarlamentare di Vittorio Veneto –  Senza,  il timore di tutti i nostri produttori è giustamente quello di un "boom" dell'offerta di vino con conseguente crollo dei prezzi. Sarebbero favoriti ad esempio gli investitori stranieri che potrebbero puntare su aree vocate europee senza dover fronteggiare i costi d'ingresso oggi legati a licenze produttive. Il  sistema dei diritti ha contribuito a preservare l’azienda viticola legata al territorio e l’insediamento dei giovani. Altrimenti c’è il rischio di un progressivo abbandono del nostro modello tradizionale di viticoltura, che valorizza il territorio, l’ambiente, la tipicità".

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