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Ascopiave: "quando la politica giustifica ai cittadini il potere della finanza"

Il politico trevigiano Luigi Calesso, analizza dal suo punto di vista la complessa vicenda di Ascopiave mettendone in luce i profondi legami con il mondo della politica veneta

TREVISO La vicenda Ascopiave sembra essere arrivata ad uno snodo importante con la sentenza del Tar che annulla le delibere dei comuni che hanno scelto per la fusione di Asco Holding in Asco Tlc.

Luigi Calesso ha voluto commentare la vicenda con un'importante nota stampa in cui ha provato a spiegare la sua visione della faccenda. "La complicata vicenda di Ascopiave sembra essere arrivata ad un punto in cui la strategia leghista per "aggirare" la riforma Madia si infrange contro le decisioni della giustizia amministrativa" esordisce Calesso. "Nell’analisi della questione è bene partire da un presupposto chiaro: è difficilmente concepibile che presidente e consiglio d’amministrazione di una società quotata in Borsa vengano scelti nelle stanze della segreteria di un partito politico, con l’acquiescenza di altri partiti politici o, come è accaduto in un passato ancora recente, al tavolo di una pizzeria. Detto questo, è evidente che è un regalo alla finanza privata l’atteggiamento della Lega, di Forza Italia e di una parte (e sarebbe quella “di sinistra”) del PD rispetto all’obbligo importo dalla legge Madia di sciogliere Asco Holding. La segretaria provinciale del PD ha solo tardivamente manifestato la contrarietà del suo partito (o della maggioranza di esso) alle manovre della Lega.

Il tentativo di eludere la legge facendosi “prestare” dei dipendenti da un’altra società del gruppo (Asco Holding non ha personale e ciò costituisce motivo di scioglimento della società secondo la legge Madia) è stato respinto con perdite ma Lega & C. non si sono arresi all’idea di adempiere linearmente al dettato della legge fondendo Asco Holding in Ascopiave. La motivazione è la seguente: i sindaci dei comuni proprietari di quote di Asco Holding esercitano, appunto attraverso la holding, un ruolo forte in Ascopiave (in cui sono presenti anche soci privati) e la fusione comporterebbe la necessità di un “patto di sindacato” trai i comuni (che diventerebbero soci direttamente di Ascopiave per continuare a mantenere il loro ruolo-guida. Se veramente si vuole che gli enti locali continuino ad avere un peso decisivo in Ascopiave, questa strada è la più lineare e trasparente: la politica ha il compito di sostenere la formazione del “patto di sindacato” tra i sindaci, di contribuire a determinarne le linee di azione, compito certo faticoso ma ineludibile se si vuole che gli enti locali pesino nella società senza bisogno di manovre e manovrine. La Lega, invece, opta per la fusione di Asco Holding in Asco Tlc, riproponendo il modello di Asco Holding stessa, quello di una società in cui sono concentrate le quote dei comuni e che, a sua volta, è socia di Asco Piave.

I pareri giuridici non sono concordi sulla legittimità dell’operazione, ma è dal punto di vista politico che questa soluzione comporta il più grave dei problemi, quello di far apparire i comuni non come i “tutori” dell’interesse pubblico all’interno di Ascopiave, ma come la solita Casta Padana che vuole continuare a mettere le mani dove non dovrebbe averle. Nell’immaginario collettivo, di conseguenza, si consolida l’idea che i soci privati rispondono alle logiche di efficienza e di economicità della gestione aziendale mentre quelli pubblici pensano solo alle spartizioni di poltrone e prebende. Al di là della corrispondenza di questo quadro con la realtà (in questo caso non si creano nuovi consigli d’amministrazione e relative indennità), è evidente che con questo pasticcio si fa un grande regalo alla finanza privata, quello di renderla più popolare presso i cittadini perché si squalifica il ruolo della politica a quello del solito “poltronificio”, dei politici che non vogliono perdere potere e sottopotere. Per chi ha agito dichiarando che volva tutelare il ruolo del pubblico in Ascopiave, il risultato mi pare fallimentare".

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