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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

Calesso critica il Daspo urbano a Treviso: "scelta pericolosa e di propaganda"

Il politico trevigiano si è scagliato contro il Daspo proposto dall'amministrazione comunale trevigiana contro mendicanti ed accattoni in centro città. Queste le sue dichiarazioni

TREVISO E’ una storia iniziata male e finita peggio quella dell’introduzione del Daspo urbano nel regolamento comunale di polizia urbana. L’istituto previsto dalla legge Minniti-Orlando permette alle amministrazioni cittadine di individuare delle aree da cui è possibile “espellere temporaneamente” chi potrebbe “degradare” le “zone di interesse storico, artistico e sociale” della città. Nella prima “versione trevigiana”, in buona sostanza significava che sarebbe stato possibile l’allontanamento temporaneo da un’area di chi chiede l’elemosina, di richiedenti asilo (visto che la zona individuata alla Madoninna è da loro molto frequentata, dopo che l’hanno ripulita), ubriachi.

La contrarietà di una parte della maggioranza di centrosinistra al testo del provvedimento ha indotto la giunta a modificarne i contenuti prima dell’approvazione da parte del Consiglio Comunale (sì, la modifica del regolamento la approva il Consiglio anche se nel numero di “W Treviso” distribuito prima della seduta consiliare la si dava già per fatta, in barba ai consiglieri comunali che, però, non sembrano preoccuparsi di essere “superati” dal periodico comunale). "E con le modifiche introdotte la situazione è ulteriormente peggiorata perché quello che è stato definito lo svuotamento del Daspo (la definizione è di consiglieri comunali di maggioranza che lo hanno votato) ha sancito la reale ragione dell’introduzione dell’istituto nel regolamento di polizia". A dichiararlo è il politico trevigiano Luigi Calesso, intervenuto nelle scorse ore sulla questione. "Quello che si voleva non era un provvedimento attuabile ed incisivo perché non lo sarebbe comunque stato: con il Daspo, infatti, non si risolve alcun tipo di problema, al massimo lo si sposta da una parte all’altra della città e non si capisce perché alcuni isolati o quartieri dovrebbero essere più “tutelati” di altri rispetto a queste “pericolosissime presenze”. Inutilmente (per non dire pateticamente) qualche assessore definisce “precisazioni” gli emendamenti votati dal Consiglio che, in realtà, hanno trasformato il Daspo “in salsa trevigiana” in una “grida” di manzoniana memoria. Cosa dovranno fare gli agenti della municipale per verificare se un “bivaccante” ostacola o meno l’accesso ad un “luogo di interesse”? Utilizzeranno la corda metrica? Come si misura la “molestia”dell’accattonaggio? In decibel, in misura del braccio teso?

Se si è voluto comunque approvare un provvedimento inapplicabile ed inutile il motivo appare chiaro (ed è questo l’aspetto peggiore della questione): si è voluto dire ai cittadini che questa amministrazione si fa carico di contrastare gli aspetti “pubblici” della marginalità, si pone il problema di “togliere dalla vista” chi “turba” l’immagine di benessere ed ordine della città. Si è voluto, quindi, assumere una posizione culturale prima ancora che politica e questo è l’aspetto più grave perché in politica valgono tanto le azioni quanto le scelte culturali e simboliche. In fondo che cosa distingue il Daspo di oggi dal togliere le panchine di ieri? Provvedimenti inutili entrambi ma che, entrambi, segnano una scelta di campo, la stessa. Si è ceduto, in sostanza, alla tentazione di inseguire le destre sul presunto “terreno della sicurezza”, senza accorgersi che questo “inseguimento”  ottiene l’unico risultato di dare credibilità alle tesi delle destre sulla città “insicura” (in particolare a causa della presenza di stranieri). Così si contribuisce ad accrescere quella percezione di paura in cui sguazzano (e grazie a cui ottengono crescente consenso) leghisti e destri vari e si costruisce il racconto secondo cui stranieri e soggetti deboli socialmente non sono vittime di una condizione economico-sociale ma “colpevoli”. E questa scelta appare tanto più incomprensibile in quanto è in contraddizione con le molte misure che questa amministrazione ha preso in direzione completamente opposta sia in ambito sociale (apertura del dormitorio, ristrutturazione di alloggi popolari…) sia a livello culturale (registro delle unioni di fatto, patrocinio del Treviso Pride…), scelte che qualificano nettamente il profilo democratico e progressista di chi le ha volute e sostenute". Conclude Calesso: "Purtroppo il periodo elettorale sembra favorire, invece, le scelte propagandistiche rispetto alle valutazioni politiche fondate ma in questo caso l’amministrazione rischia anche in termini di consenso perché inseguendo le destre sul terreno “securitario” non si sottrae loro consenso ma glielo si regala perché tra originale e fotocopia i cittadini scelgono sempre l’originale".

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