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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Gentilini invoca la pena di morte per Kabobo: "Iniezione letale"

In collegamento a "La Zanzara" su Radio 24, il candidato sindaco della Lega Nord propone la pena capitale per il ghanese che ha ucciso tre passanti a Milano. E sul ministro Kyenge: "Dice bestialità"

Giancarlo Gentilini rispolvera la pena di morte. E lo fa in merito all'eccidio di Milano, dove un ghanese di 31 anni, Adam Kabobo ha ucciso a picconate tre passanti lo scorso 11 maggio.

In collegamento telefonico alla trasmissione "La Zanzara" di Radio 24, lo "Sceriffo" ha mostrato di avere le idee chiare.

"Sono sempre stato per la pena di morte - ha esordito il candidato sindaco della Lega Nord - quando la società civile viene offesa deve difendersi".

"Un criminale che si macchia di un delitto così efferato - ha continuato Gentilini - non deve vivere negli alberghi delle prigioni coi miei danari e quelli dei cittadini". E sul tipo di morte non ha dubbi: "Ci vorrebbe un'iniezione letale perché la morte deve essere data lentamente".

Consapevole di andare "contro i ben pensanti", Gentilini ha poi affermato di esprimere il pensiero della gente comune: "Sono idee che sento echeggiare quando vado in giro per tutta l'alta Italia".

"Se è un delitto d'onore - ha spiegato lo "Sceriffo" - sai che ci sono le attenuanti, ma questa è una cosa pazzesca e la pazzia va eliminata".

Al presentatore della trasmissione che gli chiedeva se non ci fosse un'alternativa meno radicale della pena di morte, Gentilini ha replicato: "I bagni penali di francese memoria: andare a spaccare pietre dalla mattina alla sera finché non riescono più a spezzare le pietre".

"C'è chi difende la vita e fa sproloqui, ma li vorrei vedere se accadesse ai loro familiari, è molto facile parlare sulla pelle degli altri - ha ribadito - Quando giro per Treviso i miei concittadini dicono che Kabobo lo avrebbero strozzato e la voce del popolo è la voce di Dio".

"La Kyenge vuole eliminare il reato di clandestinità: una bestialità - ha tuonato al microfono - Io voglio invece che gli immigrati si appuntino sul petto un pezzo di lenzuolo, con nome, cognome e luogo di destinazione. Come succedeva con gli emigranti italiani. Bisogna sapere chi calca il territorio italiano. In Australia - ha concluso - conoscono vita, morte e miracoli di chi va da loro e cessato il permesso devono partire. Quello è uno stato di diritto, mica ius solii".

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