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Politica Vittorio Veneto / Piazza del Popolo

Vittorio Veneto, Mascherine tricolori ancora in piazza

«Siamo lavoratori, imprenditori, disoccupati, commercianti, partite Iva, studenti, genitori. Siamo gli italiani che non si arrendono, che non abbassano la testa»

Quinto sabato di protesta in tutta Italia per le Mascherine Tricolori. A Vittorio Veneto la protesta contro il governo Conte si è svolta in piazza del Popolo alle ore 16. «Siamo lavoratori, imprenditori, disoccupati, commercianti, partite Iva, studenti, genitori. Siamo gli italiani che non si arrendono, che non abbassano la testa, nonostante il clima di terrore instaurato da questo governo. Siamo gli italiani che non accettano la dittatura sanitaria, che non credono alle false promesse di Giuseppe Conte e alle lacrime di coccodrillo dei suoi ministri. Siamo qui oggi per un atto di libertà e per ribadire che la colpa dell'emergenza sanitaria non è dei cittadini, che fino ad oggi si sono comportati in maniera esemplare, ma di una politica che in questi anni ha chiuso gli ospedali, ha ridotto i posti in terapia intensiva, ha distrutto la produzione nazionale. Trattare gli italiani come bambini, puntare il dito contro la "movida" minacciando di richiudere tutto, serve solo a nascondere le responsabilità di questo governo di buffoni e di incapaci».

«Dopo l'emergenza sanitaria l'Italia si avvia ad affrontare una catastrofe economica e sociale senza precedenti. Una situazione drammatica, di fronte alla quale questo governo sta rispondendo in ritardo e con misure insufficienti. Lo ribadiamo ancora una volta: a quasi tre mesi dall'inizio della quarantena, ci sono milioni di italiani che ancora non hanno visto un aiuto, un sostegno. Lavoratori ridotti alla fame che ancora aspettano la cassa integrazione, imprenditori a cui sono stati negati i finanziamenti delle banche, commercianti che non hanno avuto la forza di riaprire, centinaia di migliaia di disoccupati in più, lavoratori autonomi che ancora aspettano i bonus dell'Inps, famiglie in difficoltà che ancora non possono chiedere il reddito di emergenza».

«Un governo che prima ha definito "eroi" i medici e gli infermieri in prima linea e poi gli ha voltato le spalle, negandogli il bonus di mille euro e bloccando le assunzioni. Un governo che prima di mettere i soldi in tasca ai cittadini italiani ha pensato bene di regolarizzare oltre mezzo milione di immigrati. Un governo che annuncia la riapertura del campionato ma che ancora non ha dato mezza risposta sulla scuola, lasciando nell'incertezza milioni di studenti e di famiglie, mentre nel resto d'Europa tutti si sono organizzati per ripartire. Un governo che l'unica cosa che sa fare è andare con il cappello in mano a Bruxelles, a contrarre nuovi debiti in cambio di riforme lacrime e sangue che nei prossimi anni pagheranno gli italiani sulla loro pelle».

«Noi chiediamo una sanatoria per tutte le multe elevate durante l'emergenza sanitaria, lo stop alle tasse per le imprese per tutto il 2020, soldi a fondo perduto erogati direttamente dallo Stato senza passare per le banche, liquidità immediata per le famiglie e le fasce più deboli della popolazione, un piano di intervento straordinario per salvare il settore del turismo che rischia letteralmente di scomparire, aiuti massicci e regole meno stringenti per bar, ristoranti, palestre e tutte quelle attività che rischiano di chiudere prima ancora di riaprire, un piano per far ripartire veramente la scuola e garantire una formazione, non la supercazzola delle lezioni a distanza. E pretendiamo che lo stato d'emergenza non venga prolungato per altri sei mesi. Non saremo più disposti ad accettare limitazioni della nostra libertà e la sospensione dei nostri diritti fondamentali. Questo Governo deve andare a casa, la parola deve tornare al popolo. Non resteremo a guardare mentre questi incompetenti, questi traditori, faranno a pezzi la nostra Nazione. Noi combatteremo per difendere il futuro dell'Italia. A breve organizzeremo una grande manifestazione nazionale per far sentire ancora più forte la nostra voce. Perché ribellarsi oggi è un dovere». 

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