Aeroporto Canova, sit-in di protesta: «Centinaia di famiglie sul baratro»
Martedì 15 settembre davanti allo scalo trevigiano chiuso da febbraio si sono radunati i lavoratori e i rappresentanti di categoria per chiedere la ripresa dei voli e delle attività
Martedì 15 settembre i lavoratori aeroportuali con i rappresentanti delle categorie dell’indotto hanno organizzato un sit-in di protesta davanti all'aeroporto Canova di Treviso per accendere i riflettori sulla tragica situazione in cui versano centinaia di famiglie a causa della chiusura dello scalo, ma anche per raccontare, attraverso la voce dei cittadini, l'importanza strategica dell'aeroporto per l'economia locale.
Dal mese di febbraio la chiusura del Canova ha lasciato mille lavoratori e le relative famiglie in uno stato totale di emergenza. Un problema che non riguarda solo i dipendenti che avevano le proprie attività all'interno dello scalo ma anche tutto l'indotto legato all'attività dell'aeroporto: dagli alberghi ai ristoranti, senza dimenticare gli addetti ai servizi di trasporti e sicurezza. Migliaia di persone che ora temono la chiusura definitiva dello scalo trevigiano, rimasto uno degli ultimi ancora chiusi dopo la fine del lockdown. Al sit-in organizzato martedì mattina ha presenziato anche l'avvocato Fabio Crea che ha commentato la chiusura prolungata dello scalo trevigiano con queste parole: «Senza l’aeroporto la nostra provincia è più povera e meno competitiva: con il sostegno di Luca Zaia, mi impegno a recarmi personalmente a Roma per portare la voce dei trevigiani in quei palazzi dove altri interessi rischiano di impedire che l’aeroporto Canova riapra e possa essere valorizzato per contribuire, insieme ad infrastrutture fondamentali come il valico autostradale alpino Venezia-Monaco, la tangenziale sud di Conegliano e il casello di S. Lucia di Piave, a fare di Treviso la prima provincia del Veneto». E sul dibattito sull’ampliamento dello scalo commenta: «L’aeroporto non può continuare ad essere l’oggetto di un conflitto fra chi abita nelle vicinanze e chi vi lavora. Usciamo da questa contrapposizione sterile e pensiamo a come potenziare un’infrastruttura essenziale per l’economia trevigiana in modo sostenibile e venendo incontro con mediazioni e indennizzi alle pur comprensibili esigenze dei residenti».