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Venerdì, 29 Marzo 2024
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"Oltre quegli alti muri di cinta...": ecco l'ultima riflessione di Cittadinanzattiva Treviso

Una riflessione sulla situazione all'interno delle carceri italiane. Dopo i vari Comuni capoluogo del Veneto, anche la Città di Treviso dovrebbe nominare la "figura del garante", il cui compito è occuparsi della tutela delle persone ristrette o limitate nella loro libertà personali.

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TrevisoToday

Comincia così l'ultima frase delle dichiarazione della Ministra della Giustizia italiana Marta Cartabia, in merito ai gravi fatti occorsi nel carcere di Santa Maria Capua a Vetere. La frase completa è: "Oltre a quegli alti muri di cinta, c'è un pezzo della nostra Repubblica, dove la persona è persona, e dove i diritti costituzionali non possono essere calpestati. E questo a tutela anche delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria, che sono i primi ad essere sconcertati dai fatti accaduti". In quella stessa occasione, la Ministra aveva detto che ciò che era accaduto era "un oltraggio alla dignità della persona e della divisa". La Ministra Marta Cartabia è un persona che ha fatto del suo impegno alla giustizia e all'affermazione della legalità e dei diritti delle persone, una battaglia di vita. L'ultima sua carica prima di essere Ministra della Giustizia, nel Governo Draghi, è stato essere la Presidente, prima donna nella storia, della Corte Costituzionale.

LE CARCERI. Nella cultura popolare sono state da sempre luogo di paura e di avversione. Ricordo che i vecchi dei nostri paesi, oltre a sperare che si buttassero via le chiavi di tutte le carceri, lasciando marcire i detenuti, istruivano i loro nipoti a stare lontano anche dal perimetro carcerario, per evitare che "i brutti" in evasione facessero del male alle persone che passavano. Le carceri italiane sono 189. Sono parte integrante, distaccate e ignorate delle nostre città. Anche se spesso le Amministrazione pubbliche si dimenticano della loro presenza, malgrado siano, almeno quelle di vecchia data, nei centri città, come succedeva a Treviso. In questi luoghi le persone detenute sono 53.637 (contro una capienza regolare di 50.779, quindi esiste un sovraffollamento). Di questi 17mila circa sono i detenuti stranieri (sono in calo rispetto agli scorsi anni) e i detenuti collegati ai reati di droga sono 18.757, mentre i detenuti per ergastolo sono 1.784. Le donne sono complessivamente 2.228 (4,2%). Quindi, si può affermare che in Italia la criminalità ha un volto decisamente maschile. Nel 2020 sono stati 61 i detenuti che si sono suicidati, molti sono quelli che hanno fatto delle gesta autolesionistiche. Sovente si tratta di gesta di richiamo d'attenzione e forme di protesto. Oltre a questo fatto italiano, diciamo di casa nostra, sono detenuti nei carceri del mondo 2.113 italiani. Cinquecento di loro sono in paesi dove il regime carcerario è pesante. Millesettecento sono nelle carceri europee, di cui 966 stanno già scontando una condanna, 1.113 sono in attesa e 34 sono quelli per i quali è stato richiesta l'estradizione. Diciassette, infine, sono le carceri cosiddetti minorili (istituti penali per minorenni). Uno di questi è a Treviso, inserito nella casa circondariale di Santa Bona. Qui si stima siano 12/14 persone minorenni detenute, per la gran parte stranieri. Il carcere di Treviso è una "casa circondariale".

Questa espressione sta a identificare che in questo carcere ci sono detenute persone in attesa di giudizio o quelle condannate a pene inferiori o con residuo di pena, inferiore ai 5 anni. Qui si trovano 191 detenuti (secondo i dati ufficiali, aggiornati al mese di giugno 2021). Tutto questo mondo sin qui descritto è quello che la Ministra Cartabia considera al di là delle alte mura di cinta. A garantire queste "alte mura di cinta" c'è quanto stabilito dall'articolo 27 della Costituzione Italiana che così, e in modo chiaro si esprime ("L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte") e più nel dettaglio collegato a quanto già sancito dall'Ordinamento Penitenziario (legge 354 del 26 luglio 1975, aggiornato il 28 febbraio 2017). All'articolo 1 si scrive e ci si impegna: "il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto delle dignità della persona. E' improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazione in ordine a nazionalità, razza e condizioni... deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi ". Su tutto ciò è garante la politica attraverso il Ministro di Giustizia, e tutta la sua corte di collaboratori. Lo Stato, come dice la Ministra Cartabia, dovendo garantire un pezzo della sua dignità, di Repubblica democratica e della sua Costituzione, non può accettare che un manipolo di suoi servitori possano non convenire a ciò ed accettare questo.

Quello che è successo a Santa Maria Capua a Vetere, a Modena ed in altri istituti di pena, è un fatto grave poiché sono stati messi in discussione i principi della democrazia e del diritto della Costituzione. Non c'è alcuna giustificazione verso tale barbarie. Al reo, che oggi fa schifo più di ieri, e sul quale vi è un sistematico linciaggio mediatico, che semina odio e voglia di vendetta, è sufficiente la pena inflitta dai Tribunali. Questo è il prezzo che chi sbaglia deve pagare. Le torture, gli atti barbarici e le intimidazioni sono metodi mafiosi non degni di un paese, che in tema di diritti civili, anche nei secoli scorsi è stato un modello al quale ispirarsi. Tutto questo non è magnanimità bensì diritto di e per tutti, sia delle vittime, alle quali è stata impostata, giustamente anche una legislazione specifica europea (Direttiva 2012/29/Unione Europea), sia dei carnefici. Infine, un'ultima considerazione politica. Essendo il problema delle libertà e dei diritti delle persone, tutte, una cosa importante e seria, a cui si deve fare riferimento tenendo conto dei tanti equilibri e delle relazioni, spesso infrante, anche in modo drammatico dagli eventi criminosi, è stata istituita la "figura del garante".

La sua missione principale è quella di occuparsi della tutela dei diritti delle persone ristrette o limitate nella libertà personale. Nella Regione Veneto esiste questa figura con relativi servizi attribuitigli dalla Regione. Ad esso fanno riferimento quelli comunali. Tutti i Comuni capoluogo del Veneto, ne hanno nominato uno (Belluno, Padova, Rovigo, Venezia, Verona e Vicenza). Assente "ingiustificato" è il Comune di Treviso. Crediamo sia tempo e ora che lo nomini, vista anche l'evoluzione delle sensibilità che le forze politiche di maggioranza hanno suoi temi della libertà e della giustizia. Giancarlo Brunello Coordinatore provinciale di Cittadinanzattiva Treviso

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