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Vacanze anche per i caregiver: favorevole la maggioranza dei trevigiani

Trevigiani concordi, solo il 13% pensa che assistere in prima persona un familiare non autosufficiente non ammetta pause nemmeno in questo periodo. I risultati del sondaggio

TREVISO Sono milioni in tutta Italia, da nord a sud. Assistono un proprio familiare – come un figlio, un genitore, un coniuge – disabile, malato, comunque non autosufficiente. Un’attività molto faticosa quella dei cosiddetti caregiver, che si svolge all’interno delle mura domestiche per molte ore ogni giorno o addirittura a tempo pieno. Cercando un equilibrio che spesso diventa impossibile con il resto della famiglia, il lavoro, gli impegni quotidiani. E che obbliga a una vita di rinunce, difficoltà e sacrifici.

L’arrivo dell’estate, però, è anche per i caregiver il momento di prendersi finalmente una pausa: così la pensa la stragrande maggioranza dei trevigiani, secondo i quali un po’ di riposo è fondamentale per recuperare le forze e riprendere al meglio, al rientro, l’attività. Solo il 13% infatti pensa che nemmeno in questo momento dell’anno ci si possa concedere un, pur breve, periodo di vacanza. È quanto emerge da una recente ricerca dell’Osservatorio di Reale Mutua sul welfare1. Ma come organizzare la pausa senza ridurre le cure del proprio caro? Per quasi un trevigiano su due (45%) la soluzione migliore è rivolgersi a un parente, il 40% si affiderebbe a un servizio di assistenza domiciliare con personale esperto e il 36% a un’associazione di volontariato o a una struttura ad hoc. Assistere con continuità un familiare in stato di bisogno può essere infatti un compito molto gravoso, che condiziona la vita del caregiver in molteplici aspetti: secondo gli intervistati, i principali contraccolpi sono quelli sulla sfera personale e lavorativa (57%), con rinunce alla carriera ma anche agli svaghi e al tempo libero.

A preoccupare sono però anche le ricadute economiche (49%) per i costi legati all’assistenza, gli effetti psicologici (43%), che possono manifestarsi con stati di ansia, depressione o persino senso di colpa, e quelli sulla salute stessa di chi assiste (32%). Le difficoltà aumentano, poi, se il caregiver deve far fronte ai compiti di cura da solo (55%), senza una rete relazionale solida a cui affidarsi, non dispone di risorse economiche sufficienti (49%) o abita lontano dalla cerchia familiare (36%). Ma non solo: dedicarsi anima e corpo a questa attività porta spesso a mettere in secondo piano le proprie esigenze, fino ad adottare comportamenti errati e pericolosi. Secondo i trevigiani, fra i principali rischi c’è quello di annullare le relazioni sociali (49%) e i rapporti con gli altri membri della famiglia (36%), oppure di non chiedere aiuto e pensare di poter fare da solo (36%) o lasciarsi assorbire al punto da trascurare la propria salute (32%), rimandando o addirittura non sottoponendosi a visite ed esami medici. Che cosa può aiutare allora il caregiver nella sua attività? Al primo posto, dicono gli abitanti di Treviso, forme di conciliazione vita-lavoro (55%), che permettano un’organizzazione più flessibile degli orari, e misure di sostegno economico (36%). Importante sarebbe inoltre poter contare su un sostegno psicologico (34%), delegare a terzi alcune attività quotidiane, come la spesa (34%), conoscere le diverse soluzioni di assistenza disponibili per il caregiver stesso (26%) e ricevere informazioni sulla patologia in questione (21%). Un ulteriore 17% ritiene utili i servizi di telemedicina, con cui è possibile monitorare e inviare a distanza i parametri vitali dell’assistito. “Il tema della non autosufficienza ricopre un ruolo centrale nell’ambito del welfare in Italia. Occorre però sapere che, accanto alle persone che soffrono di queste gravi problematiche, molte volte sono i familiari stessi a far fronte direttamente ai compiti di cura, dedicando tempo e risorse all’assistenza dei loro cari. Proprio questo è il tema che abbiamo voluto affrontare con il nostro Osservatorio, portando alla luce le percezioni degli italiani rispetto a un fenomeno di forte attualità.” – Commenta Marco Mazzucco, Direttore Distribuzione Marketing e Brand di Gruppo – “Come Reale Mutua, siamo molto sensibili a questo tema e offriamo soluzioni domiciliari che permettono di migliorare sia l’assistenza e la cura dei pazienti sia la quotidianità di chi sta loro vicino, anche attraverso soluzioni tecnologiche”.

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