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Casa Marani, lettera aperta ai parlamentari per una riforma del welfare territoriale

L ’appello della Presidente Zambon per scongiurare il default finanziario delle case di riposo. Tra le proposte esenzione o agevolazione IVA e riforma dei contratti per le professioni socio-sanitarie

Di fronte alle gravi difficoltà in cui versano i Centri Servizi del territorio, la Presidente di Casa Marani, Daniela Zambon, penna alla mano, ha scritto ai parlamentari trevigiani e ai candidati alle prossime elezioni legislative. Una vera e propria emergenza comune a tutte le realtà che si occupano di anziani e non autosufficienti che nasce dagli altissimi costi sostenuti durante l’emergenza sanitaria e negli ultimi mesi per i gravosi aumenti delle spese di energia e gas. Una situazione insostenibile che, unitamente all’impossibilità di reperire il personale, sta mettendo a rischio la continuità dei servizi erogati e i delicati equilibri finanziari degli Enti. Da qui l’appello rivolto a tutti i rappresentanti attuali e futuri del territorio per un urgente intervento di sostegno economico che faccia da apripista a una profonda riforma che corregga le disfunzionalità del presente e rilanci il welfare territoriale, partendo da alcune proposte. Dall’esenzione o agevolazione dell’iva fino a una revisione dei contratti nazionali per le professioni socio-sanitarie.

LA LETTERA

Gent.mi Candidati, cari concittadini trevigiani, futuri rappresentanti del territorio in Parlamento,

oltre ad aiuti urgenti a contenimento dell’impennata dei costi per forniture energetiche, il welfare territoriale e di prossimità, inteso come sostegno pubblico e privato in ambito di cura e assistenza dei più fragili e di supporto alle famiglie, necessita quanto prima di una vera e profonda riforma in materia fiscale e del lavoro, dove le disparità all’interno dello stesso settore pesano non poco sui bilanci.

Negli ultimi due anni e mezzo Enti e realtà che si occupano di anziani, persone non autosufficienti e con disabilità, e bambini, hanno dovuto gestire complessità mai vissute in precedenza, affrontando con coraggio tutto ciò che l’emergenza sanitaria ha drammaticamente determinato. In questo quadro sono emerse con chiarezza le disparità, le carenze e le difficoltà economiche e organizzative di un sistema che fatica a reggere e a garantire la qualità di un servizio che è costituzionalmente e moralmente dovuto all’utenza cui tali soggetti rivolgono la loro offerta di sostegno.

Ora che la morsa della pandemia si allenta, i gravosi rincari per energia e gas, nonché l’impossibilità di reperire personale professionalmente preparato, stanno mettendo in ginocchio i Centri di Servizi per anziani e non autosufficienti, il mondo della cooperazione sociale, nonché asili nido e scuole per l’infanzia, i cui servizi sono essenziali per le famiglie e le nostre comunità locali.

Confidando che già questo Governo nazionale intervenga urgentemente nel prevedere dei fondi, dei ristori, in aiuto delle nostre realtà già economicamente così tanto provate dalle ingenti spese sostenute in termini di approvvigionamento di dispositivi di prevenzione, messa in sicurezza degli ambienti, costi del lavoro e crollo delle impegnative per mancato turnover degli ospiti, faccio appello a coloro che, con senso di cittadinanza e spirito di servizio, oggi si candidano a rappresentare il territorio della provincia di Treviso e i trevigiani, perché all’indomani del voto del prossimo 25 settembre, nell’agenda del nuovo Parlamento, e di quello che sarà il nuovo Esecutivo a sua emanazione, si inserisca subito il varo di una profonda riforma, strutturale e complessiva, in materia fiscale e giuslavoristica per correggere le disfunzionalità e rilanciare il welfare territoriale.

Un primo intervento importante è sulle aliquote Iva, non solo per le forniture di acqua, di energia e di gas, che dovrebbero vedere, se non addirittura la totale esenzione, quanto meno una drastica riduzione per tutte quelle realtà, pubbliche e private, autorizzate e accreditate, che a carattere residenziale e semiresidenziale di occupano di fragilità, dai bambini agli anziani, comprendendo le persone non autosufficienti e con disabilità: come per le utenze domestiche, un’imposta del 10% e non del 22% già rappresenterebbe un aiuto subito attuabile. D’altronde, per gli ospiti le strutture che li accolgono sono la loro casa comune. Un’Iva agevolata poi, a prescindere dal genere di bene o servizio, non solo sanitario, che viene acquistato per l’assistenza e il benessere dell’utenza, costituirebbe ancora più sostegno, allontanando lo spettro dell’aumento delle rette a discapito delle famiglie.

Già l’Irap per le IPAB rappresenta un elevato costo, la cui aliquota è pari all’8,50% (art. 16, co. 2, D.Lgs. n. 446/1997) rispetto a quella nettamente più bassa applicata alle ASP aziende pubbliche di servizi alla persona, alle cooperative sociali e a quella in capo alle fondazioni, generando in tal modo una disparità di carico fiscale tra i soggetti che si occupano di welfare.

Così come non è più rinviabile una revisione, allo scopo di unificazione, dei contratti nazionali che oggi si applicano non sulla tipologia di lavoro ma sulla natura giuridica del datore di lavoro per il quale il dipendente presta servizio. Ad esempio, il contratto della Sanità di cui godono infermieri e operatori sanitari assunti dall’Azienda Ospedaliera è più competitivo rispetto al contratto degli Enti Locali stipulato dalle stesse figure professionali impiegate in una casa di riposo. Contratti diversi che da una parte impattano con pesi diversi sui bilanci e dall’altra determinano una disfunzionale competizione nel mercato del lavoro, tutta a vantaggio della Sanità e a discapito dell’assistenza di prossimità, che si vede impossibilitata a reperire professionisti e così a erogare un’offerta di qualità. Con il rischio poi di uscire dagli standard stabiliti dalle norme di autorizzazione e accreditamento. Come per la maggior parte dei contratti collettivi nazionali, il medesimo lavoro dovrebbe essere retribuito nella stessa misura, lasciando alla contrattazione integrativa determinare eventuali miglioramenti salariali.

Questi sono solo alcuni correttivi di quello che potrebbe essere un grande cambiamento per il nostro welfare territoriale a beneficio delle nostre famiglie e delle nostre comunità. Mi auguro che coloro ai quali questa parte del Paese sta a cuore facciano proprie tali istanze e che insieme a tutti i livelli di rappresentanza di settore operino per il bene comune, perché entro l’anno in corso le nostre strutture possano guardare al futuro con serenità. Contrariamente, bilanci alla mano, ci avvieremo verso la strada del default finanziario, lasciando per strada i più deboli.

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