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Cittadinanzattiva: "Sulla scuola non basta ridurre le distanze"

L'assemblea generale degli industriali di Padova e Treviso ha messo in evidenza le esigenze del sapere, della conoscenza e della formazione. Queste, necessariamente, sono legate a doppio filo a quelle della scuola. Alcuni terreni sui quali lavorare insieme, "sporcandosi le mani"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TrevisoToday

Il tema dell'ultima assemblea generale di Assindustria Venetocentro era "Ripartire dal capitale umano". A questo incontro era presente, crediamo significativamente, il Ministro della Pubblica Istruzione, il prof. Patrizio Bianchi, a testimoniare la necessità di maggiore attenzione alla scuola, nel suo ruolo formativo ed educativo. Coincidenza vuole che il giorno successivo, il 20 novembre, fosse anche la Giornata Internazionale dell'ONU sull'infanzia, che quest'anno aveva due focus importanti, coincidenti con l'assise industriale: la lotta alla povertà e alla miseria, si fa attraverso il lavoro, oltreché mandando a scuola i bambini, i giovani e gli adolescenti. Per quanto ci riguarda, come Cittadinanzattiva, la scuola deve assolvere principalmente a due funzioni. Una è quella del sapere e della conoscenza; l'altra è dare sicurezza nei suoi luoghi di formazione. Fatta questa premessa, torniamo all'assemblea degli industriali di Treviso e Padova del 19 novembre. Treviso, la realtà che conosciamo meglio, è sempre stata un'Associazione attenta al sociale, ai bisogni delle persone e di riflesso della collettività. Qui, da tempo vige una cultura solidaristica importante; forse in questa dimensione è nato anche il tema dell'assemblea: "Ripartire dal capitale umano". Concetto che raccoglie e identifica due concetti base della nostra (comune) identità, ossia le persone e il lavoro, nella convinzione che "perdere il lavoro equivale a perdere la propria dignità".

Il presidente di Assindustria Venetocentro, Leopoldo Destro, aprendo l'assemblea, ha dichiarato: "Oggi, a seguito di questa catastrofe mondiale, abbiamo il dovere di ripartire per impegnarci nella ricostruzione di un mondo che sarà necessariamente diverso, ma che per nostra volontà dovrà essere certamente migliore. In questo impegno dovranno guidarci non solo i bisogni, come quelli legati alla salute, alla cura delle persone e al contrasto delle troppe fragilità sociali, ma anche e soprattutto i 'sogni' che come singoli e come comunità riusciremo ad esprimere". Detto questo, riteniamo sia ora di agire. Per questo, come Cittadinanzattiva Treviso, richiamo in modo pubblico l'esigenza che gli industriali, da momento di denuncia e proposta, passino a "sporcarsi le mani". Si badi bene, non per aumentare la loro generosità, né per altruismo e solidarismo, ma per il futuro stesso della loro specie e, nel contempo, della nostra economia. Due sono i terreni sui quali occorrerà "sporcarsi le mani". Uno è quello della sussidiarietà sociale territoriale. In futuro per questa ci saranno sicuramente, al di là delle buone intenzioni e di quanto dispone il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), la legge sulla Sanità pubblica e i LEA (livelli essenziali di assistenza). Questi vanno difesi e potenziati. Eppure, sia la nuova domanda di servizi, specie quelli che vengono da larghi strati della popolazione (persone disabili, invalide o affette da malattie rare), sia quelli che ci verranno imposti da nuove malattie o epidemie, ci costringeranno a rivedere sia la quantità che la qualità della sussidiarietà pubblica. Qui ci vuole un nuovo atteggiamento ed impegno delle forze sociali ed economiche più forti, quali gli industriali appunto, ma anche di commercianti ed artigiani. L'altro terreno è quello della scuola. In una delle interviste post assemblea, il vice presidente vicario di Assindustria Venetocentro, Alberto Zanatta, ha dichiarato, tra le altre cose, che l'Associazione sta lavorando per accorciare le distanze tra la scuola e il mondo delle imprese. Vero.

Da anni a Treviso c'è un dialogo importante, seppure limitato, non tanto per colpa di Assindustria, ma piuttosto perché la scuola di oggi, messa definitivamente a nudo dalla pandemia, è decisamente inadeguata e incapace di soddisfare la domanda di sapere dei giovani. La didattica scolastica e la sua parte educativa sembrano vivere in un mondo diverso da quello che vivono i ragazzi e le loro famiglie. Gli industriali, di questo, dovrebbero farsene di necessità virtù. Ovvero, non basta dare una mano, bensì occorre proprio "sporcarsi le mani". I problemi della cosiddetta "manodopera " (meglio persone che lavorano) è destinato a durare, anzi a peggiorare, poiché mancano fisicamente le persone (fenomeno della denatalità), ma mancano anche esperienze idonee. Una scuola così fatta, non solo non realizza cultura, ma anzi disincentiva l'impegno. A tal proposito, preoccupano i molti giovani che non studiano, non lavorano e attendono, non si sa bene che cosa. In qualche modo, essi hanno l'avallo silenzioso delle famiglie, anche loro deluse dal progetto culturale di una nuova Italia, per molti pure europea. Infine, a proposito di cultura e di saperi, segnalo che c'è il problema delle biblioteche, sia nelle scuole che nei piccoli centri.

A causa del Covid, molte biblioteche scolastiche sono state infatti smontate per recuperare spazi per nuove aule, mentre i libri sono stati messi in deposito. Questo, al di là delle giustificazioni, è stato possibile perché nella didattica dei plessi scolastici, si considerano sacrificabili le biblioteche e la lettura. Questi per noi sono i problemi veri di oggi, che vanno evidenziati, cogliendo nelle parole del presidente Leopoldo Destro una sensibilità diversa e contigua a quella della precedente presidente Cristina Piovesana, sia nel linguaggio che nei comportamenti dell'Associazione. Noi Cittadinanzattiva, per quello che serve e possiamo, siamo pronti a fare la nostra parte, perché questa idea di scuola e di sussidiarietà è precipua a liberare spazi ai diritti di cittadinanza delle persone. Queste sono le cose che noi riteniamo necessario fare.

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