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Corona virus, si mobilita il mondo cattolico trevigiano

Partita una campagna per l’acquisto di presidi sanitari di protezione per il personale dell’Ospedale San Camillo di Treviso, recentemente adibito dalla Regione Veneto a struttura per il trattamento dei soggetti positivi al COVID-19, e per quello dell'ospedale di Vittorio Veneto

L’associazionismo cattolico della Marca si mobilita per  reperire risorse a sostegno delle strutture sanitarie che in queste settimane fronteggiano l’emergenza. A scegliere la strada del fronte comune per sostenere una raccolta fondi straordinaria sono le sezioni trevigiane dell’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti (UCID), Associazione Medici Cattolici italiani (AMCI) e Unione Giuristi Cattolici Italiani (UGCI).

Le tre realtà stanno coordinando da questa settimana e per tutta la durata della pandemia, una campagna per l’acquisto di presidi sanitari di protezione per il personale dell’Ospedale San Camillo di Treviso, recentemente adibito dalla Regione Veneto a struttura per il trattamento dei soggetti positivi al COVID-19, unitamente all'ospedale di Vittorio Veneto.

Per Francesco Botter, Presidente di UCID Treviso, «essere imprenditori significa assumersi responsabilità e creare soluzioni. Essere imprenditori cristiani implica fare tutto ciò alla luce del Vangelo: una chiamata forte quindi da cui scaturisce una risposta naturale alla solidarietà.  Molti imprenditori sono impegnati a far proseguire l’attività delle aziende, perché, è bene ricordarlo, ci sarà un dopo a questa crisi, ci saranno produzioni da riattivare, crediti da incassare, stipendi da pagare, clientela da recuperare ma sempre con senso di responsabilità e sguardo attento a chi è a servizio del bene comune»

«Abbiamo scelto di sostenere l’ospedale San Camillo di Treviso portato in “prima linea” dall’emergenza COVID-19 - ha proseguito Botter -   per aiutarlo in quella che Papa Giovanni Paolo II definì la sua “grande disponibilità e dedizione al bene integrale della persona umana offrendo a tutti gli operatori sanitari e agli stessi ammalati una viva e coerente testimonianza di servizio».

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