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Coronavirus, famiglia cinese mette il figlio in isolamento da scuola

L'episodio in un istituto della Marca. I genitori hanno tenuto il bimbo a casa per 2 settimane dopo un viaggio in Cina nonostante per loro non ci fosse alcun pericolo

Sta suscitando grande curiosità e interesse la storia di un ragazzino di origini cinesi (anche se il nome ormai è italianizzato) residente nella Marca, assolutamente ben integrato che frequenta una scuola media della provincia.

In Cina il ragazzino ci va poco ma proprio quest’anno con la famiglia si è recato al paese di origine dei genitori, in una zona peraltro non toccata dal coronavirus, per il capodanno cinese. Quando è scoppiato l’allarme i suoi amici e compagni di classe si sono preoccupati per lui, scrivendosi via Whatsapp per chiedergli notizie, sapere come stava e quando sarebbe tornato. Una rete spontanea e bellissima di amicizia collegata su scala globale grazie ai cellulari. Mario è riuscito a tornare in Italia da una settimana, quindi prima del blocco aereo, ma ha comunque seguito i protocolli di precauzione dei medici e non è rientrato a scuola per attendere i 14 giorni di osservazione per verificare di non avere incubato il virus. Rientrerà in classe solo dopo una ulteriore visita medica.

La decisione è stata presa dalla sua famiglia non solo per buonsenso ma anche perché lo prevede una circolare ministeriale adottata per tempo da tutte le scuole. La vicenda è venuta alla luce poco dopo le dichiarazioni di Luca Zaia che aveva chiesto una quarantena obbligatoria per i bambini che rientrano dalla Cina. Una dichiarazione che ha sollevato numerose polemiche soprattutto dalle opposizioni. Nicola Atalmi della Cgil di Treviso ha commentato la vicenda con queste parole: «Sulla salute e sui bambini almeno evitiamo la campagna elettorale». Gli fa eco Stefano Fracasso, capogruppo del Partito Democratico che si domanda: «Quali elementi epidemiologico-sanitari ha in mano Zaia per chiedere la quarantena per gli alunni che rientrano dalla Cina? La risposta nazionale è stata pronta e adeguata. Se ci sono ulteriori elementi epidemiologici da considerare vengano presentati. Non vorrei che la politica si sostituisse alla medicina e dagli allarmi si passasse agli allarmismi. Per questo ho chiesto al presidente quali elementi scientifici abbiano generato la richiesta che ha sottoscritto. Comunque fa piacere che dal Veneto, che si era opposto al decreto Lorenzin sulla vaccinazioni, venga una rinnovata attenzione alla massima copertura sanitaria». Ruzzante, Bartelle e Guarda di Veneto 2020 chiudono la questione con questo intervento: «Ci lascia attoniti la proposta di Zaia, che vuole impedire agli alunni tornati dalla Cina di rientrare a scuola. Perché solo i bambini? Non si capisce perché gli alunni dovrebbero essere penalizzati rispetto a lavoratori, imprenditori, studenti universitari o quanti altri in arrivo dalla Cina. E quando emergeranno nuovi casi in altri Paesi? Chiuderemo anche a quei Paesi? E se avverranno casi in Italia? Zaia vorrà chiudere le scuole, oltre che le frontiere? Ci chiediamo anche se sia lo stesso Zaia che era contrario all'obbligo di vaccinazione, quello che voleva assolutamente ammettere in aula i bambini non vaccinati. È anche lo stesso Zaia che la settimana scorsa ha promulgato la legge con l'abolizione del certificato medico per le assenze da scuola?». Così i consiglieri regionali del coordinamento Veneto 2020, che a quel progetto di legge, il n. 462 poi diventato legge regionale n. 1 del 24 gennaio 2020, hanno votato contro. Quella che specula sulle paure non è una bella Italia. L'Italia che ci piace è quella che si dà da fare e dimostra di saper reagire: quella che, prima in Europa, ha isolato il virus o a Padova ha trovato un efficace metodo di ricerca della presenza del virus, grazie alla qualità dei nostri ricercatori. Siamo gli unici in Europa ad aver chiuso i voli con la Cina, i primi a dichiarare l'emergenza e per questo dobbiamo ringraziare il ministro Roberto Speranza».

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