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Covid sul lavoro, boom di casi nella Marca: 4.608 denunce in Veneto

A pagare il prezzo più alto le lavoratrici del settore socio-sanitario (72%). Verona prima provincia veneta per numero di casi. La Marca penalizzata dal focolaio all'Aia di Vazzola

Inail ha pubblicato in queste ore la scheda regionale con la mappa, aggiornata al 30 settembre, degli infortuni Covid-19 sul lavoro in Veneto. La normativa di legge introdotta dal governo per il contrasto alla pandemia prevede infatti che i casi di infezione contratti presumibilmente nel lavoro vengano considerati e tutelati come infortunio sul lavoro.

I dati della scheda vanno analizzati con una premessa: il numero delle denunce non corrisponde automaticamente a quello degli infortuni riconosciuti. Di questi ultimi l’Inail non fornisce ancora dati. In Veneto al 30 settembre sono state 4.608 le denunce con 10 casi mortali. Su un totale di 54.128 eventi denunciati in tutta Italia, 4.608 (l’8,5%) riguardano il Veneto. Peggio di noi solo quattro regioni: Lombardia (35,2%), Piemonte (15%) ed Emilia Romagna (10,4). I casi con esito mortale sono fermi da giugno: 10, pari al 3,1 % del totale nazionale (319) dove invece risultano in crescita (+ 67). Sempre in Veneto, rispetto al mese di agosto si sono registrate 299 denunce in più di cui 113 avvenuti a settembre mentre i rimanenti 186 sono relativi ai mesi precedenti. Il repentino incremento di settembre, secondo l’Inail, è dovuto in parte al focolaio sviluppatosi all'Aia di Vazzola. Il 72% delle denunce è stato presentato da donne lavoratrici, il 79% da lavoratori del sistema socio-sanitario pubblico e privato.

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La scheda Inail conferma che le denunce provengono per il 72% dei casi da donne lavoratrici di cui circa 1.500 in età tra i 50 anni in su. Le lavoratrici che pagano il tributo maggiore alla pandemia sono quelle occupate nel settore “Sanità e assistenza sociale” che comprende ospedali, case di cura e di riposo da cui provengono (maschi e femmine) il 79% delle denunce. Anche nelle professioni dei denuncianti si evidenzia come il Covid-19 abbia imperversato tra chi opera nelle attività del sistema socio-sanitario: medici, infermieri ed operatori socio-sanitari. Nel settore manifatturiero (4,3% delle denunce) i lavoratori più colpiti sono i macellatori e i braccianti agricoli. La distribuzione provinciale delle denunce conferma al primo posto Verona (1.258 casi) e all’ultimo Rovigo (111). La provincia che avuto un balzo in avanti è, come sopra già evidenziato, Treviso da cui a giugno erano pervenute all’Inail 675 denunce (il 16,3% del totale regionale) mentre a settembre sono salite a 905 (il 19,6% del totale regionale).

Il commento di Cisl Veneto

Sulla vicenda è intervenuto Gianfranco Refosco, Segretario generale Cisl Veneto commentando i dati con queste parole: «La bassa incidenza di infortuni Covid-19 nel manifatturiero e nel terziario evidenzia il ruolo svolto dai comitati aziendali, che hanno provveduto a definire i protocolli di comportamento e a vigilare sul loro rispetto. La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori a questi comitati è stata un valore aggiunto, fondamentale per garantire il massimo della tutela. Ora però non bisogna abbassare la guardia, e serve rilanciare il ruolo degli Spisal, anche rafforzandone l'organico e le risorse a disposizione. Dall’altro lato l’altissima percentuale di donne vittime da infortunio Covid conferma la centralità del lavoro femminile in questa difficile situazione: nei lavori di cura (sanità e assistenza), nei servizi collegati (pulizie e mense), nelle attività essenziali (distribuzione e agroalimentare in primis), il lavoro è soprattutto femminile, e le donne sono state, e rimangono, le più esposte al rischio. Ben vengano quindi i provvedimenti finalizzati a bloccare una riacutizzazione della pandemia con il conseguente aggravamento delle condizioni di lavoro, anche in termini di sicurezza, negli ospedali e nei luoghi di assistenza. Sono urgenti anche misure per implementare il personale disponibile in tutto il settore socio-sanitario: dai medici, agli infermieri agli operatori socio-sanitari e la Regione deve farsi carico di mettere a disposizione in forma gratuita locali dove ospitare le persone in quarantena che non dispongono di spazi propri adeguati».

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