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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Contagi da Covid-19, l'Ulss propone i test a richiesta per gli stranieri

L'equipe del dott. Rigoli è pronta a recarsi nelle comunità straniere della Marca per effettuare, su base volontaria e a titolo gratuito, i test per il Coronavirus

Bosnia, Serbia, Romania e Croazia. E ancora Moldavia, Montenegro, Macedonia e Kosovo. Sono questi, ad oggi, i principali Paesi finiti sotto la lente d'ingrandimento dell'Ulss 2 per quanto concerne i nuovi focolai di Covid-19 scaturiti negli ultimi giorni nella Marca (di cui l'ultimo a Pederobba, nel pomeriggio di martedì, quando il Comune ha comunicato la positività al test di un cittadino). Dai dati in possesso dell'Azienda sanitaria trevigiana, infatti, al momento sarebbero le badanti straniere, e gli imprenditori/lavoratori con commesse all'estero, i maggiori veicoli per il virus. Una situazione che ha portato in breve tempo a passare da un RT (indice del contagio) pari a 0 ad un valore molto alto, ovvero quello di 1,61. «In realtà - dichiara ai nostri microfoni Francesco Benazzi, Direttore Generale dell'Ulss 2 - questo è un dato "falsato", anche perché noi effettuiamo molti più tamponi che chiunque altro. Inoltre, se eliminiamo dal calcolo i contagi pervenuti dall'estero, l'RT di Treviso si abbasserebbe fino ad un molto meno preoccupante valore di 0,40, non c'è quindi nessuna nuova pandemia in corso. Questo da un lato vuol dire che nella Marca la situazione è sotto controllo e, dall'altro, che il virus è si tornato, ma a causa di persone rientrate in Italia dall'estero, soprattutto da Paesi dove il Covid si sta manifestando più ora che in passato».

Proprio per questi motivi l'Ulss 2 ha ideato, negli ultimi giorni, una nuova campagna di sensibilizzazione verso gli stranieri che rientrano dall'estero per motivi di lavoro, con l'obiettivo di effettuare dei tamponi anche nei loro confronti ed evitare così possibili contagi esterni. «Parlando con il dott. Rigoli (primario di Microbiologia al Ca' Foncello di Treviso) - continua Benazzi - abbiamo deciso di andare incontro a tutti gli stranieri che soggiornano nel nostro territorio. Siamo quindi pronti ad inviare l'equipe medica di Microbiologia, munita di test rapidi, in tutte le comunità estere della Marca che ne facciano richiesta. Sarà un servizio mirato, a domicilio, gratuito e rispettoso della privacy. Un servizio di sanità pubblica che andrà di pari passo con lo screening, volontario, di tutti coloro che comunque tornano a Treviso da determinati Paesi stranieri». L'Ulss 2, difatti, invita tutti i cittadini a segnalare il loro rientro dall'estero (soprattutto se da Bosnia, Serbia, Romania e Croazia), comunicando l'ingresso al Dipartimento di Prevenzione (mail coronavirus.sisp@aulss2.veneto.it; telefono 042232388 dal lunedì al sabato dalle 8 alle 16) o contattando preventivamente il proprio medico di Medicina Generale nel caso di insorgenza di sintomi legati al Covid-19. Inoltre, nel caso di badanti ( o comunque di coloro che svolgono attività di assistenza e cura a disabili o anziani) è ora obbligatorio effettuare il tampone prima di tornare al lavoro dopo un viaggio all'estero, oltre che effettuare l'isolamento fiduciario in attesa del risultato del test. Per prenotare il tampone è sufficiente contattare il proprio medico di base o il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica.

«In tutto questo voglio pubblicamente ringraziare i medici di base per il lavoro da "sentinelle" che svolgono quotidianamente. Ma un grazie, ovviamente, va anche a tutto il personale sanitario. La nostra è una grande squadra che deve essere tutelata dal primo all'ultimo elemento e per questo, come Ulss, abbiamo l'obiettivo di portare ad almeno 70 la percentuale di personale sanitario che nei prossimi mesi effettuerà il vaccino antinfluenzale. Al momento solo il 29% è coperto, ma viste le condizioni contingenti confidiamo che sempre più persone si affidino al vaccino per limitare, quanto più possibile, eventuali effetti indesiderati nel caso di un contagio da Covid. Una soluzione, quella del vaccino, che sarà anche proposta a tutti gli over 65, categoria ancora tra le più a rischio».

Test rapidi, il dott. Rigoli:  «Non abbassiamo la guardia»

«L'obiettivo della nostra Microbiologia è quello di arrivare ad effettuare 30 mila tamponi al giorno grazie alle nuove tecnologie che abbiamo a disposizione. D'altronde, in questo campo l'innovazione è continua. In ogni caso, per gli amanti dei dati, posso confermare che ad oggi abbiamo eseguito già 150 mila tamponi solo nell'area di Treviso, mentre altri 20.700 sono stati effettuati nell'area tra Conegliano e Vittorio Veneto. Per i test sierologici rapidi, invece, siamo ora a circa 25 mila. Il nostro, come si può ben capire - dichiara il Primario Rigoli - è un lavoro senza sosta, volto in primis al rafforzamento delle varie microbiologie del Veneto. Non siamo degli indovini, non conosciamo il futuro, e perciò dobbiamo farci trovare pronti per ogni evenienza. Dunque, non dobbiamo abbassare la guardia, cercando però al contempo di ridurre i costi, aumentando però la la diagnostica e la velocità di screening dei test. Basti pensare che oggi un test rapido viene eseguito in pochi secondi e in altrettanti pochi minuti abbiamo già una prima risposta, mentre per una verifica completa non passano mai più di 24 ore complessive; mentre per i tamponi l'attesa è di soli cinque giorni».

Fp Cgil Veneto e tamponi, cresce la preoccupazione tra il personale sanitario: «Disposizioni regionali da rivedere»

Tamponi ogni 30 giorni, ma non per tutti coloro che lavorano nel sistema sanitario o che frequentano le strutture ospedaliere. Le disposizioni che le aziende Ulss stanno applicando sulla base delle indicazioni regionali stanno acuendo preoccupazione e tensione tra gli addetti ai lavori. «Forse è il caso di rivedere le disposizioni secondo un principio di maggior cautela - dichiara Ivan Bernini segretario generale Fp Cgil Veneto - Serve dirci con grande onestà che il rischio vero, anche nella nostra regione, è quello di allentare l’attenzione sul tema pensando che tutto sommato ne siamo fuori, commettendo lo stesso errore di sottovalutazione che c’è stato in principio. Dal mondo politico e scientifico sono troppi i messaggi contraddittori che non aiutano a fare chiarezza e rischiano di rinvigorire le posizioni di coloro che senza vergogna continuano a negare la pandemia. Siamo convinti sia necessario uscire dalla paura emergenziale e attrezzarci per una ripresa diffusa delle attività e della vita sociale ma proprio per questo riteniamo non si debba risparmiare sulle risorse e sugli investimenti, soprattutto preventivi, nell’ambito delle politiche di salute e sanità pubblica».

«Siamo passati dalle indicazioni nell’esecuzione dei tamponi ogni 10/20 giorni a tutti gli operatori sanitari nella “fase 1” ai 30 giorni nella “fase 3” - prosegue Bernini - Il punto vero che pensiamo dovrebbe essere rivisto secondo un principio di maggior cautela, riguarda sia la dilatazione dei tempi nell’esecuzione dei tamponi ma soprattutto l’esclusione di una serie di figure professionali che potenzialmente possono venire a contatto con persone positive al Covid-19. Se è evidente che un operatore di reparto di struttura di degenza è potenzialmente più a rischio ed esposto per contatto diretto, è altrettanto possibile, considerando che spesso le persone sono asintomatiche, che lo stesso rischio abbia chi lavora nel territorio o nei servizi socio-sanitari. Peraltro si è lasciato margine di discrezionalità nell’applicazione dei protocolli e ci troviamo di fronte a delibere aziendali che, per esempio, non prevedono di sottoporre al tampone gli studenti, frequentatori, volontari e libero professionisti».

«Non ci vogliamo certamente sostituire ai comitati scientifici – puntualizza Bernini - anzi, abbiamo sempre affermato che serve affidarsi a coloro che hanno competenze in materia e non intendiamo venire meno a questo principio. Segnaliamo, però, che chi lavora nell’ambito della salute e della sanità oggi è preoccupato per queste indicazioni e ci rappresenta il fatto che dopo aver effettuato tampone ad inizio giugno lo sta ancora aspettando al 21 luglio. Era evidente che la fase della convivenza con il virus sarebbe stata altrettanto complicata di quella emergenziale per quanti la devono gestire in capo a regione e aziende Ulss e per chi lavora nel sistema salute, ma proprio per questo invitiamo a riflettere e rivedere queste disposizioni. Non possiamo permetterci di sottovalutare preoccupazioni e legittime paure proprio tra i lavoratori che hanno vissuto un esperienza drammatica e che ancora oggi ne vivono intimamente le conseguenze» conclude.  

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