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Crisanti lancia l'allarme: «Nuovo lockdown durante le feste di Natale»

Un'ala del governo è pronta a restrizioni più dure magari già dalla prossima settimana. Ma un blocco totale sarebbe insostenibile per l'economia del paese. Intanto iniziano le zone rosse

Di giorno in giorno crescono i contagi e i morti per Covid in Italia. Virologi e studiosi stanno iniziando a prospettare un possibile nuovo lockdown a dicembre. Tra questi c'è Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Medicina molecolare dell'università di Padova e del laboratorio di Microbiologia e virologia dell'azienda ospedale-università di Padova che, ospite a 'Studio24' su Rainews24, sostiene che «potrebbe essere necessario un lockdown in Italia durante le feste di Natale per bloccare la diffusione del Coronavirus e aumentare l'efficienza del tracciamento dei contagi sul territorio. Sono preoccupato - sottolinea - per la limitata capacità che abbiamo di bloccare la trasmissione del coronavirus sul territorio. Riusciamo a mettere in quarantena solo il 5% dei positivi. Le terapie intensive e i decessi da Covid-19 aumentano sempre con alcune settimane di ritardo rispetto all'aumento dei contagi. Visti i dati, ci aspettiamo quindi un incremento del loro numero nei prossimi giorni». Crisanti non si risparmia una 'frecciatina' nel finale: «Nel Comitato tecnico scientifico manca il supporto tecnico e scientifico degli esperti del mondo accademico. Le persone che ne fanno parte hanno visto la pandemia solo in televisione e non sul campo».

Nel frattempo un'ala del Governo sarebbe pronta a sostenere l'ipotesi di Crisanti mentre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che fino a ieri tendeva a escluderlo con dichiarazioni molto rassicuranti, per la prima volta ha detto che non vuole fare previsioni e ha buttato la palla nel campo delle Regioni, a cui ha lasciato la responsabilità di deciderlo nei territori (e ieri è toccato ad Arzano in provincia di Napoli). La verità è che il premier sa che se il primo lockdown nazionale ha fatto balzare alle stelle la sua popolarità, un secondo sarebbe insostenibile per l'economia del paese e metterebbe a rischio stavolta la sua leadership. Ma nel Governo le sensibilità sono diverse, e l'uscita del ministro della Salute Roberto Speranza a Che tempo che fa sulle feste private da vietare, poi sconfessata dal Dpcm che ha soltanto consigliato la famosa regola delle sei persone è la spia di una divisione all'interno dell'esecutivo. E proprio Speranza (Leu), scrive oggi Il Fatto Quotidiano, "insieme con il ministro dei Beni culturali e del Turismo, Dario Franceschini (Pd), rappresenta nel governo l’ala più intransigente e pronta a restrizioni più dure come il coprifuoco di Macron in Francia magari già la prossima settimana". Conte cerca di mediare tra questa posizione e quella dei più “aperturisti a ogni costo”, come le ministre Teresa Bellanova (renziana) e Paola De Micheli (Pd), nella “convin zione – spiegano fonti vicine a Palazzo Chigi – che un nuovo lockdown generalizzato sarebbe un tracollo per il Paese ora che, al contrario, si stanno avendo importanti segni di ripresa”. E su questo punto sono d’accordo anche al ministero della Salute: “La macchina si è appena rimessa in moto, fermarla sarebbe disastroso”. Conte non esclude, invece, i lockdown locali per province e città, come il governatore Nicola Zingaretti ha fatto nel Lazio, o addirittura regionali: “Lo schema è molto chiaro – annuncia Conte –: continueremo ad aggiornarci con le Regioni. La formula vincente è collaborare, collaborare, collaborare. Per le regioni abbiamo predisposto la possibilità per i presidenti di introdurre misure restrittive non appena se ne presentasse la necessità, per quelle di allentamento occorre invece un’intesa con il ministro della Salute”. E ancora: “È chiaro che molto dipenderà dal comportamento dei cittadini”.

Un lockdown a Natale quindi dovrebbe trovare un Governo totalmente concorde e ad oggi l'ipotesi sembra non tanto vicina. Ma i numeri del bollettino della Protezione civile dicono che i contagi sono a livello di record e l'allarme suona fortissimo in quella Lombardia che fu l'epicentro della prima ondata dell'epidemia di Coronavirus all'inizio dell'anno: 1800 casi in un giorno, perché, come scrove ancora Il Fatto, perché sta saltando il sistema di individuazione dei focolai e di tracciamento dei contatti dei positivi. «Da settembre - racconta sotto anonimato al quotidiano un addetto al contact tracing dell ’Ats di Milano – abbiamo oltre 2500 casi-inchiesta in sospeso, frutto dei contagi avvenuti in estate. Ciascun caso è diverso, ma se un positivo è una persona che gioca a calcetto e va all ’università, allora ricostruire la sua rete di contatti diventa una caccia al tesoro... E con le nostre forze ridotte, siamo solo 7 addetti qui, stiamo perdendo il controllo». E il fatto che i nuovi contagi di ieri siano nel 65% dei casi di età compresa fra i 18 e i 49 anni, certo non aiuta.

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