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Caso app Immuni, Crisanti contro la Regione: «Incompetenti»

Palazzo Balbi sotto accusa per non avere attivato i database per la tracciabilità via smartphone del Covid-19: staffilate anche da Guarda, Zanoni e Businarolo

Il caso «del mancato trasferimento dei dati della app Immuni alle Ulss del Veneto» è divenuto «un vero e proprio affaire politico sanitario». Ieri 15 ottobre le prime critiche alla giunta, ma anche ai vertici della sanità di palazzo Balbi, le aveva distillate il consigliere regionale leoniceno verde Cristina Guarda. Poi come un fiume in piena, tra le altre, erano giunte quelle del suo collega di opposizione Andrea Zanoni del Pd nonché quelle di Francesca Businarolo (la deputata veronese che presiede la commissione giustizia). Ma il più duro è Andrea Crisanti, direttore della infettivologia alla clinica universitaria dell'ospedale di Padova. Il professore, ai taccuini di Vicenzatoday.it ha commentato la novità con un giudizio tranchant: «Sono degli incompetenti». 

LE BORDATE

«Non possiamo che giudicare irresponsabile la scelta di non attivare l'app in una delle regioni più gravemente colpite dal virus. Nessuno, in questo momento di particolare fragilità dell'economia come del sistema sanitario - rimarca la leonicena in una nota diramata ieri - può permettersi il lusso di una tale iniezione di sfiducia nei confronti delle istituzioni». Poco dopo è stato il turno del suo collega Andrea Zanoni (milita anche lui all'opposizione ma nel Pd) il quale sempre in una nota diramata ieri aveva tuonato contro palazzo Balbi: «È inaccettabile che dopo mesi dalla sua attivazione» la app Immuni in Veneto de facto «ancora... non funzioni. Come mai? E di chi sono le responsabilità? Sono indignato, mi sento profondamente preso in giro prima ancora da cittadino e poi da consigliere regionale». Una posizione assai simili peraltro a quella assunta dell'onorevole Businarolo che su Virgilio notizie parla di mezzo milioni di veneti «presi in giro» nonché a quella della lista civica Il Veneto che vogliamo.

BALASSO RIDICOLIZZA IL GOVERNATORE

Stamani invece era stato il turno del comico Natalino Balasso il quale sulla sua pagina Facebook (il post è stato condiviso da migliaia di persone e rilanciato sui media veneti) aveva vergato parole di fiele: «Ora, visto che Zaia l’avete votato voi, uno se ne potrebbe anche fregare, peccato che poi ci vadano di mezzo tutti gli altri. Che i veneti cadano dalle nuvole per il fatto che l'app Immuni in Veneto non ha mai funzionato, è ridicolo, la regione ha detto da subito che avrebbe fatto una sua app di tracciamento. Solo che poi non l'ha fatta. Va beh, succede a parlare prima delle elezioni». Appresso una bordata sulla dottoressa Francesca Russo responsabile del servizio regionale di prevenzione, più volte portata in palmo di mano dal governatore leghista Luca Zaia: «Questa dottoressa Russo che ha cannato tutto fin dall'inizio, che se non c'era San Crisanti, adesso a Vo' Euganeo era come a Bergamo, evidentemente sconfigge i virus solo nei fumetti»: una staffilata in pieno stile Balasso che fa un cenno diretto ai fumetti che la giunta regionale del Veneto distribuì a ridosso della campagna elettorale per spiegare ai ragazzi come l'amministrazione avesse gestito l'emergenza Covid-19 durante l'ultima primavera. «Che i veneti cadano dalle nuvole se Zaia dice che la scuola è meglio farla su Zoom, perché gli autobus sono gremiti - scrive ancora Balasso - è ridicolo, sappiamo bene che si tratta di un servizio a carico della Regione e quando la regione deve far qualcosa che non sia campagna elettorale, preferisce declinare».

LA DIFESA

La dottoressa Russo per vero, così riferisce la dirigente in una intervista del Corveneto pubblicata oggi in pagina 3, ha spiegato che la mancata attivazione del trasferimento dei dati da Immuni alle banche dati della Regione Veneto e delle Ulss è dovuta al fatto che il Ministero della sanità non avrebbe poi indicato alla Regione nel concreto quale metodica seguire per i soggetti a rischio. «È stata una mia scelta» non dovuta a input politici ha rimarcato ancora la dirigente. La quale ha poi spiegato che gli uffici sono già al lavoro per recuperare il tempo perduto.

IL CONTRATTACCO

Per Zanoni però si tratta di parole gravissime che peggiorano il quadro della situazione «anche perché la Russo non spiega seriamente per quale dannato motivo questa scelta sia stata taciuta alla opinione pubblica e a coloro che in buona fede l'app l'hanno scaricata sul proprio telefonino». Tanto che il consigliere punta l'indice verso la giunta: «A questo punto o il governatore caccia via la Russo su due piedi oppure si dimette lui. Zaia la deve finire di cercare degli avatar, dei parafulmine, come accade nel caso della unità di progetto della Superstrada pedemontana veneta con l'ingegner Elisabetta Pellegrini, ogni volta che la narrazione di sua maestà si inceppa. Zaia certamente non è responsabile del quoziente intelligenza dei suoi dirigenti, ma è politicamente responsabile per quello che dicono. Pertanto il governatore la smetta di fare il pr di sé stesso, si mostri uomo per una volta, affronti la realtà vera, non quella virtuale delle dirette Facebook».

IL GIUDIZIO IMPIETOSO DELLO SCIENZIATO

Tuttavia la critica più dura ai vertici della sanità veneta arriva da Crisanti: lo scienziato inizialmente era stato visto e lodato da Zaia come una sorta di salvatore del Veneto: anche in ragione delle misure che vennero assunte col focolaio di Vo'. Poi però, anche per l'ostilità crescente verso Crisanti del massimo dirigente della sanità veneta (il brandolano Domanico Mantoan, l'uomo al quale nemmeno Zaia può dire di no, così si mormora a palazzo Ferro Fini). In seguito le scelte adottate dalla giunta e dai vertici del sistema sanitario regionale hanno visto sempre meno entusiasta Crisanti il quale durante le ultime settimane, anche in ragione di un asserito aggravarsi della crisi da Covid-19 è divenuto molto critico nei confronti del governatore sino ad accusarlo, sul Gazzettino di Padova del 10 ottobre, di essere «un venditore di fumo». Tuttavia l'acuzie di questa querelle a distanza si è registrata quando ai taccuini di Vicenzatoday.it Crisanti (che da mesi mette in guardia le autorità sulla pericolosità del Sars-cov-2) ha commentato la decisione della Russo parlando di un insieme di «pressapochismo, inefficienza e disprezzo della fiducia riposta nella scienza dagli italiani». Ma quali sono i motivi per cui le Ulss non hanno proceduto con la acquisizione dei dati della app Immuni? Anche in questo caso Crisanti va per le spicce: «Perché sono degli incompetenti e perché nel Veneto il tracciamento non esiste». E la cartina di tornasole di questo assunto secondo l'esperto sta nel rapporto tra il numero dei casi rilevati dal sistema sanitario regionale e il numero dei soggetti posti davvero in isolamento. «Di solito - prosegue Crisanti - per ogni persona infetta ci sono tra i dieci e i quindici contatti, questo sarebbe il rapporto nel caso di un tracciamento efficiente al 100%. Posso assicurare che all'oggi siamo ad una efficienza del tracciamento del 5%. E questa è la ragione per cui il virus si diffonde» in modo così preoccupante. Se a tutto ciò poi si aggiungono certe «soluzioni estemporanee» come quelle preconizzate più volte dai vertici regionali «di sostituire i tamponi normali con quelli rapidi che hanno una sensibilità bassissima» e se poi si aggiunge pure la mancata implementazione a livello regionale dei dati della app Immuni si palesa una situazione di assoluto «disprezzo della buona fede degli italiani» e dei veneti in primis. Ma allora perché le strutture regionali non hanno avvisato i veneti di come stessero realmente le cose con la app Immuni? Di fronte a questo quesito il professore padovano di natali romani è caustico: «Ma perché lei crede alla zuppa che la Regione Veneto propina ogni giorno agli italiani?»

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