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Inchiesta sui tamponi rapidi, l'avvocato di Rigoli: «Nessuna falsa documentazione»

Insieme all'ex direttore del laboratorio di microbiologia di Treviso risulta indagata dalla Procura di Padova anche l'ex dg di Azienda Zero Patrizia Simionato. Devono rispondere di falso ideologico e di "turbata libertà di scelta del contraente". L'inchiesta partì dalle dichiarazioni del professor Andrea Crisanti. Del caso si torna a discutere su Report

E' destinata a sollevare un vespaio di polemiche la puntata di Report (in onda questa sera, 2 gennaio, su raitre) che tornerà ad occuparsi della gestione della pandemia in Veneto. Oltre allo scontro trasversale tra il presidente Luca Zaia e Andrea Crisanti, con intercettazioni definite "scottanti", si parlerà dell'inchiesta sui test rapidi che vede indagati dalla Procura di Padova l'ex direttore del laboratorio di microbiologia dell'ospedale Ca' Foncello di Treviso, Roberto Rigoli, e l'ex dg di Azienda Zero, Patrizia Simionato. Entrambi devono rispondere di falso ideologico e di "turbata libertà di scelta del contraente". L'inchiesta (lo scorso 13 dicembre si è svolta l'udienza preliminare) sarebbe partita dalle dichiarazioni del professor Andrea Crisanti sulla presunta scarsa affidabilità dei test antigenici Abott acquistati dalla Regione nell'estate 2020, tra la prima e la seconda ondata: il loro acquisto venne avvallato proprio da Rigoli oltre che dalla stessa Simionato e secondo l'ormai ex professore dell'Università di Padova l'affidabilità dei tamponi rapidi era scarso.

Sull'inchiesta l’avvocato Giuseppe Pavan, legale difensore del dottor Rigoli nel procedimento (la prossima udienza è fissata per il 6 febbraio), ha inviato una nota ricordando che "il procedimento penale si trova ancora nella fase dell’Udienza preliminare che non è conclusa, con il conseguente divieto di pubblicazione, anche parziale, degli atti delle indagini preliminari".

«L’accusa non mette assolutamente in dubbio l’utilità e l’attendibilità dei test rapidi antigenici oggetto delle indagini» spiega Pavan «Test utilizzati ancora oggi a livello internazionale. Allo stesso modo va ricordato che le indagini preliminari hanno evidenziato come il solo interesse del dottor Rigoli emerso in questa vicenda sia stato quello di perseguire il bene pubblico, in una situazione di grande tensione ed urgenza determinata dall’emergenza sanitaria, e che non sia stata prodotta alcuna falsa documentazione, elemento riconosciuto dalla stessa Procura durante la prima fase dell’udienza preliminare».

«Rispetto al fulcro dell’imputazione, ovvero di aver comunicato con una e-mail di avere compiuto un’indagine sulla “sensibilità” dei test rapidi che erano stati offerti ad Azienda Zero - Regione Veneto, è necessario spiegare che un’indagine sull’efficacia dei tamponi rapidi antigenci non solo non era stata richiesta, come già risulta negli atti, ma nemmeno era possibile e necessaria, essendo i prodotti marchiati e certificati CE/IVD» chiude l'avvocato «Ricordiamo che per tale indagine occorre un tempo minimo di 12 mesi di sperimentazione scientifica. Nella specifica situazione di cui stiamo parlando si dovevano invece riscontrare in maniera documentale le caratteristiche tecniche del prodotto e, visto che sarebbero stati utilizzati da personale esterno alle microbiologie, è stato ritenuto corretto anche testarne la praticità nell’utilizzo. Questo è stato fatto. Al dottor Rigoli è stato infine riconosciuto, da molte persone, anche nel corso delle indagini preliminari, di avere svolto durante la pandemia un importante ruolo di coordinamento di tutte le microbiologie del Veneto, con significativi risultati a vantaggio della tutela della salute pubblica».

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