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Attualità Sant'Antonino / Piazzale dell'Ospedale

Laurea in infermieristica: «In Veneto "solo" 24 posti in più rispetto al 2020»

Ivan Bernini, segretario del sindacato Fp Cgil Veneto commenta con parole dure l'annuncio del Miur: «La pandemia non ha insegnato nulla, bisogna incrementare risorse e posti»

Con decreto del 13 luglio il Ministero dell’Università e della Ricerca (Miur) ha reso noti i posti disponibili per la laurea in Scienze infermieristiche anno 2021 in attesa dell’adozione dell’accordo Stato-Regioni che dovrebbe procedere all’individuazione dei fabbisogni. A settembre i corsi devono partire ma l’atto delle regioni ancora non c’è. A fronte di una carenza di infermieri, stimata sul livello nazionale per circa 60mila unità e considerando il fatto che non mancano solo nelle strutture ospedaliere ma anche nelle residenze per anziani e nel territorio, nelle Università Venete a fronte di un incremento di 1.120 posti a livello nazionale vi sono solo 24 posti in più del precedente anno accademico. Per un totale di 1.145 posti complessivi tra l’Università di Padova e di Verona.

«Così non ci siamo proprio - commenta Ivan Bernini, segretario Fp Cgil del Veneto - Nella programmazione dei servizi legati alla salute si indicano una serie di attività progettuali, dall’infermiere di famiglia, alle case della comunità, al potenziamento della salute mentale, al potenziamento dell’assistenza territoriale, salvo poi smentire questa programmazione nei numeri formativi. “Anni trascorsi a rappresentare la carenza di questi professionisti, a denunciare che gli attuali standard nel rapporto infermieri-pazienti negli ospedali, infermieri-ospiti nelle RSA e infermieri-popolazione nel territorio sono insufficienti, un anno di pandemia dove questi aspetti sono drammaticamente emersi, e la risposta è questa? Considerando, tra le altre cose, che non tutti coloro che accedono alla formazione universitaria arrivano alla conclusione dei corsi. Errare è umano ma perseverare è diabolico.

Ci diranno che servono risorse - prosegue Bernini - che c’è un problema legato al numero di formatori ed alla logistica nelle sedi formative. Ma sono le stesse cose che si ripetono da anni. Se neanche a fronte di quanto vissuto quest’anno e delle evidenti necessità che vi sono nel potenziare il sistema, a partire dal fabbisogno di personale per i prossimi anni e dal miglioramento delle condizioni di lavoro di chi oggi opera, non si è in grado di dare risposte all’altezza, significa che nel corso di questa pandemia abbiamo sentito solo chiacchiere. E significa che anche per quanto riguarda queste professioni si vuole tornare indietro immaginando soluzioni di altra natura. Pensando, magari, di procedere con sostituzioni di questi professionisti con personale di altro profilo. Le regioni provvedano subito ad indicare i fabbisogni e vi sia l’impegno di incrementare da subito i posti formativi. Dal 2021, non dall’anno che verrà» conclude Bernini.

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