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Liquidazioni con quota 100: «Penalizzati i lavoratori pubblici»

Sindacati sul piede di guerra in Veneto per un provvedimento che rischia di mettere in ginocchio il mondo del lavoro costringendo i lavoratori ad attendere anche 8 anni per la liquidazione

In Veneto si dice “becchi e bastonati”. Un detto che veste su misura sulle spalle dei lavoratori pubblici che, se vorranno sfruttare “quota 100” per andare in pensione visto che, stando a quanto viene detto, potrebbero aspettare fino ad 8 anni per vedere la liquidazione.

«Siamo di fronte ad una vera e propria vergogna – commenda Daniele Giordano, segretario generale Fp Cgil Veneto – che, secondo le nostre stime, potrebbe colpire fino ad oltre 7 mila lavoratori tra funzioni locali e sanità del Veneto. Si tratta di una disparità intollerabile. Propagandavano la riforma della legge Fornero, hanno finito col peggiorare le norme relative ai dipendenti pubblici con un trattamento differenziato rispetto ai lavoratori del privato». Secondo quanto si apprende, infatti, 'quota 100' sarà differita per chi lavora nel pubblico, con la prima finestra disponibile a luglio e con un preavviso, per chi vorrà usufruirne, di sei mesi. Ma soprattutto ai dipendenti pubblici che andranno in pensione con 'quota 100' o in pensionamento anticipato, il trattamento di fine rapporto verrà corrisposto 'al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione'. Tradotto: per alcuni degli interessati dal provvedimento c'è il rischio concreto di aspettare anche fino a 8 anni per avere ciò che gli spetta, la liquidazione. Vale la pena ricordare che già con le misure attuali un dipendente pubblico percepisce la propria liquidazione già in ritardo rispetto ad un dipendente privato. 

Per avere l’anticipo del Tfr bisognerà ricorrere ad un prestito bancario con gli interessi che, stando a come pare essere scritta la norma, saranno  a carico dei lavoratori. «Un pizzo legalizzato – attacca Giordano -  per avere quanto spetta di diritto, e che rappresenta un'evidente discriminazione verso tutti coloro che andranno in pensione ordinariamente e che continueranno a dover subire gli attuali, intollerabili, termini di pagamento». Ovviamente l’uscita di possibili 7 mila lavoratori con quota 100, non potrà che mettere in ginocchio i servizi, perché non vi è alcuna programmazione delle uscite ed in molti enti si rischia la vera e propria chiusura dei servizi. «Ammesso e non concesso che gli interessati decidano di optare per questa misura, dovrebbero già essere in corso le procedure per svolgere i concorsi in modo da assumere il personale in tempi utili per gestire le uscite. «Di tutto questo non c’è traccia - commentano i sindacati - e non risulta che vi sia una chiara programmazione in merito, senza contare che il personale che dovrebbe essere assunto avrà bisogno di completare il proprio percorso formativo e di affiancamento al fine di garantire la continuità dei servizi. Risulta evidente l’emergenza che da tempo denunciamo in sanità. Secondo la nostra elaborazione sui dati del conto annuale in Veneto usciranno circa 2.400 lavoratori del comparto, (sanitari, tecnici e amministrativi) e 1.330 medici. Una vera e propria emorragia che si carica alle già difficili condizioni di lavoro nella sanità dove gli operatori sono allo stremo e le ferie non vengono garantite. In particolare anche i dati sugli enti locali delle diverse province fanno emergere un quadro complessivo di un calo di circa il 15% che non è in alcun modo sostenibile senza un intervento immediato. Non vorremmo che si usasse l’uscita di una parte consistente del personale per privatizzare i servizi come in parte sta già avvenendo in sanità per la carenze di medici o infermieri. Come Cgil – concludono i sindacati - chiediamo alle istituzioni del nostro territorio ed in particolar modo a Regione e Anci di aprire subito un confronto che metta al centro i fabbisogni di personale e gli strumenti per rilanciare i nostri servizi evitando che questa riforma diventi uno strumento per ridurre il perimetro pubblico dei servizi pubblici».

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