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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Marchiol liquida il contratto integrativo, lavoratori sul piede di guerra

I sindacati, aperti al confronto, sono pronti a imboccare la strada della protesta: aperto lo stato di agitazione con il blocco di flessibilità e straordinari. Campaner-Manca: «Per gli investimenti fatti impensabile penalizzare lavoro e redditi di circa 200 famiglie»

La pessima decisione assunta a inizio anno dalla proprietà è ora realtà. Per i circa 200 dipendenti dello stabilimento di Villorba della Marchiol Spa è giunta in questi giorni la disdetta del contratto integrativo aziendale in vigore dal 2001. Così, oltre a una premialità annua mediamente di oltre 2mila euro, si mette a rischio il diritto a permessi aggiuntivi per visite mediche, le regolamentazioni in materia di apprendistato e sulla gestione di straordinari e part time. A darne notizia i Sindacati di categoria, Filcams CGIL e Fisascat CISL trevigiane per bocca di Wilma Campaner e la segretaria generale Patrizia Manca.

«Abbiamo diffidato l’azienda a portare avanti questa insensata e dequalificante scelta presa unilateralmente» affermano amareggiati Wilma Campaner e Patrizia Manca «ora successivamente all’assemblea dei lavoratori abbiamo valutato e deciso di aprire lo stato di agitazione con conseguente blocco della flessibilità e degli straordinari. Questa rappresenta solo la prima delle azioni di protesta che intendiamo mettere in campo se l’azienda non tornerà sui propri passi - tagliano corto da Filcams CGIL e Fisascat CISL».

«È inaccettabile metter in discussione una contrattazione integrativa consolidata, valida da vent’anni e che ha dato solo benefici» spiegano le sindacaliste CGIL e CISL «I lavoratori hanno i nervi a fior di pelle perché si è messo mano ai loro diritti e al loro portafogli e a quello delle loro famiglie».

«Non è ammissibile condurre investimenti significativi sulla loro pelle» tuonano Campaner e Manca riferendosi al mega polo logistico targato Marchiol recentemente sorto lungo la Treviso Mare «Il nuovo assetto logistico dell’azienda, e più in generale di un territorio dove si fanno un certo tipo di investimenti in infrastrutture, non può andare a discapito della qualità del lavoro e di un’equa quanto dovuta redistribuzione della ricchezza prodotta dallo stesso. Così si dequalifica il lavoro e di pari passo l’immagine stessa delle nostre realtà produttive».

«Indubbio che le relazioni industriali che hanno allora portato alla sigla dell’integrativo aziendale siano molto divergenti da quelle attuali. Siamo in ogni caso aperti a un confronto serie e di prospettiva» concludono le Sindacaliste «ma non faremo un passo indietro sul fronte della più che legittima protesta dei lavoratori e delle lavoratrici».

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