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Cristiano (in)canta Fabrizio: il testamento di De André tra arte, musica e poesia

"Storia di un impiegato" ha fatto tappo domenica sera al Palamazzalovo di Montebelluna. Prima parte dedicata al concept album del '73, seconda ai successi di Faber in chiave rock

Ci sono Cristiano e Fabrizio sul palco. Ci sono la musica e la politica. Ci sono il ricordo del padre ed un taglio rock che anche gli amanti più puri di Faber hanno apprezzato. E poi c'è tutta una generazione di persone, per lo più giovani, che di ascoltare Fabrizio De André sul palco non ne hanno avuto l'occasione, scomparso troppo presto, a 58 anni. Oramai sono passati 20 anni. Chi meglio del figlio, che a tratti spaventa (in senso buono) per quanto gli somigli dal punto di vista vocale, può ripercorrere la carriera del padre, attraverso le sue canzoni e la sua poesia? È così che "Storia di un impiegato", tour che ha fatto tappa al Palamazzalovo di Montebelluna ieri sera (domenica 24 febbraio, ndr) è riuscito a mettere d'accordo chiunque. Emozionando.

La prima parte del live scivola veloce, senza interruzioni. "Storia di un impiegato", il celebre concept album del 1973 di De André (il quarto dell'artista) è rivisto e sviscerato a fondo. Senza pause, dall'unica persona che oggi è in grado di trasferire a tutto tondo il mondo musicale e poetico di Fabrizio su un palco. Non c'è bisogno di gobbi per Cristiano, assorbito com'è del testamento musicale del padre. Nei primi 45 minuti il pubblico è stato condotto attraverso tutte le tracce dell'album, da Introduzione fino a Nella mia ora di libertà. Nel mezzo, seguendo la traccia originale, alcuni tra i pezzi più celebri del cantautore genovese: Canzone del maggio, La bomba in testa, Al ballo mascherato (con l'arrangiamento forse più azzardato dell'intero concerto, ma comunque apprezzabile), Sogno numero due, Canzone del padre. E poi Il bombarolo e la senza tempo Verranno a chiederti del nostro amore, suonata al pianoforte con un approccio intimistico ed emotivo.

Cristiano si lancia quindi in un monologo in cui trovano spazio la politica, la poesia, la canzone e l'arte, sempre attraverso il testamento di Fabrizio De André. Una sorta di introduzione alla seconda parte del concerto, che continua con un taglio a tratti ancora più rock. Tra i pezzi trovano spazio Don Raffaè, Il Testamento di Tito, Fiume Sand Creek e Quello che non ho, tra gli altri. Si termina con il bis di rito, dall'omaggio a Genova con Crêuza de mä fino a Il Pescatore. Circa due ore di concerto in cui a chiudere gli occhi, a tratti, è sembrato di sentire cantare il padre. E tanto è bastato.

«Dopo aver arrangiato l'ultimo concerto del 1998 - aveva racconta Cristiano prima del concerto - Fabrizio mi chiese di portare avanti il suo messaggio e la sua memoria. Mi è parsa una bella cosa proseguire il suo lavoro caratterizzando l'eredità artistica con nuovi arrangiamenti, che possano esprimere la mia personalità musicale e allo stesso tempo donino un nuovo vestito alle opere, una mia impronta. Con questo tour voglio risvegliare le coscienze, mio padre diceva che noi cantanti portiamo un messaggio e in questo non posso che appoggiarlo».

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