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Attualità Preganziol

«Il padrone ha detto no al lavoro da casa»: l'atto di accusa di un dipendente

La lettera di un lavoratore di un'azienda di Preganziol che protesta contro il rischio contagio a cui è costretto

Buongiorno,

volevo segnalare quanto segue: nella mia azienda, di Preganziol, sebbene la maggior parte dei lavoratori potrebbe lavorare da casa, sebbene molti lavoratori siano costretti a lavorare in due su una scrivania, sebbene molti uffici siano sovraffollati e sia impossibile mantenere le distanze previste, sebbene i dirigenti compresi i responsabili siano favorevoli al lavoro agile, siamo tutti al lavoro in sede perché il Padrone ha detto no al lavoro da casa. Questo ci espone ad alte probabilità di contagio che si potrebbero facilmente evitare.

Lettera firmata

Di seguito riportiamo altre lettere pervenute alla nostra redazione dopo la pubblicazione di questo intervento

Faccio riferimento all’articolo “il padrone ha detto no”, scrivo un’altra segnalazione in quanto ho riconosciuto l’azienda, che è quella per cui lavoro. Non solo si tratta di un’azienda di servizi che non riesce ma soprattutto che non vuole attivare lo Smart working, ma non vengono rispettate nemmeno le semplici regole di sicurezza. Due persone per scrivania, 25 persone in uffici da 15, tutti in mensa con le posate monouso, con i turni da 20 minuti ma con i tavoli tutti attaccati. Non vuoi rischiare la tua salute e quella dei tuoi famigliari perché hai bimbi piccoli o persone anziane? Non preoccuparti utilizza pure tutte le tue ferie. Sono davvero indignato che nel 2020 in una situazione particolare come quella di oggi esistano ancora “padroni” che non capiscono il valore del dipendente e che mettono il fatturato prima delle persone!

Lettera firmata

Gentilissimi, dopo aver letto l'articolo di questa mattina relativo alla segnalazione di un dipendente di un'azienda di Preganziol mi sento in dovere di condividere anche la mia esperienza. Ho la fortuna di poter dire di essere un ex dipendente, ho avuto la fortuna di poter scegliere di cambiare lavoro e lasciare un'azienda che non ha la minima attenzione al dipendente. Non dubito nemmeno di una parola scritta dall'ex collega (al quale, lasciatemi dire voglio fare i miei piu' grandi complimenti per aver alzato la testa e essersi ribellato nel suo piccolo ad un sistema che nel 2020 e' inaccetabile). In questo momento li dentro si vive una situazione surreale, i miei amici che si trovano a dover andare a lavoro devono condividere scrivanie dentro uffici che dovrebbero accogliere 10 dipendenti e invece ne accolgono 24. Adesso che le persone hanno preso ferie magicamente le scrivanie sono ad uso singolo. Ma cosa succederaà quando i dipendenti torneranno? In un'azienda di 1000 persone in questo modo si rischia un contagio allucinante. Si mettono in pericolo migliaia di persone considerando le famiglie. Non e' possibile che nel 2020 un'azienda non sia in grado di permettere ai propri dipendenti di fare Smart Working. La salute delle persone non puo' essere messa in secondo piano rispetto all'avidita' di un padrone. Si, un padrone. Perche una persona cosi non si puo' chiamare imprenditore.

Lettera firmata

Buonasera, Sono una dipendente. Vorrei segnalare che nonostante i divieti imposti dal governo e le misure da adottare per evitare il contagio, il capo del gruppo non è disposto a collaborare permettendo lo smartworking quando pienamente possibile. La stragrande maggioranza del lavoro consiste nel digitare ripetutamente la stessa sequenza di tasti pertanto facilmente eseguibile dal divano di una abitazione in piena sicurezza. Stiamo parlando di un'emergenza e di misure da adottare per un periodo limitato non per sempre. Lei ha un'impresa di assicurazione sulla salute che mette la Persona al Centro, ma sembra che della Salute non le interessa così tanto!

Lettera firmata

Buongiorno, ho letto i tre articoli che avete pubblicato riguardanti la segnalazione di questa importante azienda di Preganziol. La realtà è ancora peggio di come viene descritta siamo stati obbligati a non fare pausa in quanto non possiamo aggregarci ma in ufficio siamo in 25 anziché in 15, due persone per scrivania. In mensa possiamo stare massimo 20 minuti e non possiamo bere il caffè (unico caffè della giornata visto che non ci sono macchinette) ma in ufficio siamo sempre i 25 di prima. I nostri dirigenti hanno provato a smuovere le acque e il padrone ha risposto no e non se ne parla. Per il tipo di lavoro che svolgiamo lo smart worKing sarebbe sereno, senza difficoltà. Ma non si vogliono dare disposizioni in merito. C’è stato chiesto di firmare un foglio con l’autocertificazione dove ci assumiamo il rischio del tragitto casa lavoro in quanto l’azienda non se ne assume la responsabilità. Io non sto andando al lavoro perché devo, sto andando al lavoro obbligato di farlo in una situazione in cui rischio il contagio, rischio per me e per i miei familiari per i miei figli. La proprietà se ne fotte delle regole dello Stato e di noi, il fatturato in primis il resto possono pure morire. Questa la dura e vera verità.

Lettera firmata

Mi aggiungo alle numerose segnalazioni legate all'azienda in cui il" padrone dice no" per confermare che in un momento in cui tutti in Italia dovremmo restare a casa e muoverci solo per COMPROVATE esigenze lavorative e attivare dove possibile il telelavoro (o smartworking, come lo si vuol chiamare), la nostra azienda decide di farci andare tutti e 500 in ufficio!! Distanze di sicurezza inesistenti (25 persone in uffici da 15), pulizie delle scrivanie inesistente, gel disinfettanti inesistenti, l'unica cosa esistente è il rischio ELEVATISSIMO di contrarre il virus. Il nostro lavoro può essere tranquillamente svolto da casa in massima sicurezza e garantendo all'azienda le stesse performance anche a livello di fatturato. Ci vuole uno studio per capirlo? Caro padrone così si che non farai più i numeri a cui tanto tieni!

Lettera firmata

Con riferimento all'articolo 'Il padrone ha detto no al lavoro da casa' a Preganziol di Treviso, finisce la giurisdizione dello Stato italiano e inizia quella del 'Paron'; una dittatura in cui il verbo di colui che firma gli stipendi è legge e quelli che nel resto del Bel Paese verrebbero chiamati 'dipendenti' non sono altro che dei sottoposti. Un regime del terrore in cui i diritti dei lavoratori non sono concepiti, in cui la dirigenza, anche se capace e dalla parte dei lavoratori, si ritrova con le mani legate dinanzi al muro di gomma che ci 'governa'. Vorrei poter dire che la dittatura posta in essere dall'azienda sia comparabile a quella cinese, e invece tocca dire 'Magari lo fosse!'. Eh sì perchè ai tempi del Coronavirus, i quasi 1000 dipendenti sono chiamati a sacrificarsi per il tanto amato (dal paròn) fatturato e a timbrare il cartellino tutti i giorni senza se e senza ma. In alternativa possono decidere di consumare i giorni di ferie accumulati, mettendo chiaramente però in difficolta i restanti colleghi che dovrebbero smaltire una maggior mole di lavoro. Uffici piccoli, sovraffollati, con delle postazioni che non rispettano la normativa della sicurezza sul lavoro in generale, figuriamoci ora che bisognerebbe mantenere determinate distanze di sicurezza (assurdo se si pensa che nel campus c'è uno stabile praticamente vuoto che potrebbe accogliere un gran numero di dipendenti)! Ai dipendenti viene richiesto di non consumare i pasti in ufficio e sono obbligati ad andare nella mensa aziendale in cui chiaramente le distanze di sicurezza non possono essere rispettate. Mensa in cui solo da un giorno si sono pensati che delle vasche con le posate in acciaio buttate dentro e da cui tutti attingono liberamente con le mai più o meno pulite non era sufficientemente igienico (mi chiedo se bisognava aspettare il Coronavirus per capirlo). questa situazione ha portato alcuni colleghi a organizzarsi per consumare i pasti portati da casa nella propria auto nel parcheggio aziendale. La maggior parte dei dipendenti potrebbe già lavorare con lo smartworking senza alcun problema e con una minima flessione delle performance rispetto alle prestazioni che si hanno lavorando in ufficio. Qual è la cosa più denigrante per i dipendenti? Prendere consapevolezza non solo di essere un numero utile solo per fare fatturato, ma che colui che si millanta come imprenditore ha una così alta considerazione dell'aspetto umano, da non dover neanche pensare 1 secondo se preferisca salvaguardare la salute altrui o il proprio portafogli.

Lettera firmata

Buonasera, voglio unirmi al coro di lamentele dei quei dipendenti, colleghi miei, che hanno trovato a mezzo stampa la giusta risonanza ai loro problemi e che si trovano in queste ore a dover fare i conti con la "miope" gestione aziendale dell'emergenza coronavirus. Le scelte che la presidenza del gruppo sta portando avanti in questo frangente rappresentano senza dubbio una minaccia alla salute dei dipendenti, dei loro familiari e di tutte le persone che essi incontrano nel tragitto casa-lavoro. E' giunto forte e puntuale l'appello al senso civico da parte dei più alti organi dello stato e di li a poche ore gli ha fatto eco l'email con la quale la direzione ci invitava ad andare a lavorare, nonostante il rischio, nonostante le condizioni. Ci ritroviamo quindi a dover condividere gomito a gomito gli spazi di lavoro e con essi l'ansia del contagio e la paura che ne deriva. Se il mettere a repentaglio la salute dei lavoratori non rivesta, già di per sé, un rischio intollerabile dovrebbe esserlo, ancor più agli occhi della proprietà, l'eventuale positività al virus di anche uno tra i dipendenti, che farebbe immediatamente scattare, stavolta sì per obbligo di legge, la quarantena per i circa 800 lavoratori del gruppo compromettendo di fatto la produzione intera. Aspettiamo quindi con ansia che vengano prese le doverose contromisure, che ci si faccia carico della salute delle persone e con essa della continuità del business.

Lettera firmata

Mi accodo alla serie di segnalazioni relative all'articolo "il padrone ha detto no", confermando quanto già pubblicato. In questo momento così delicato, in cui si fa appello al senso di responsabilità e civico, le grandi Aziende hanno attivato in modo celere misure preventive e contenitive per ridurre al minimo il rischio di contagio. Questa "azienda", che millanta premi a livello nazionale, si rifiuta di attivare le minime norme di sicurezza necessarie per il NORMALE svolgimento dell'attività lavorativa. In un'era dove è necessario proiettarsi verso il futuro con nuove prospettive, la risposta è quella di ancorarsi a idee troglodite e ad una gestione del personale quasi inesistente e al limite della civiltà.

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