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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Decreto dignità e contratto a termine, i consulenti del lavoro: "Aumenta la precarietà"

Antonietta Giacomin Presidente ANCL Treviso: "Risulta incomprensibile come si cerchi di contrastare la precarietà del lavoro con un notevole appesantimento del contratto a tempo determinato"

TREVISO Qualora il decreto dignità diventasse legge, riguarderebbe 80.000 rapporti di lavoro in Veneto, come rileva il dato calcolato da Veneto Lavoro, a proposito del provvedimento che, nella formulazione del Governo dovrebbe approdare nei prossimi giorni in Parlamento. L’Associazione dei Consulenti del Lavoro di Treviso interviene sul tanto discusso “decreto dignità” in particolare sottolineando come il punto relativo alla riforma del tempo determinato, non sia assolutamente condivisibile. “Anziché dare alle imprese la possibilità di incrementare l’occupazione, si ritorna al passato, con un notevole irrigidimento del rapporto di lavoro – sottolinea Antonietta Giacomin Presidente ANCL Treviso – Risulta incomprensibile come si cerchi di contrastare la precarietà del lavoro con un notevole appesantimento del contratto a tempo determinato.” I punti critici della riforma del Tempo Determinato sono riassumibili in cinque principali aspetti:

-       la riduzione dai 36 ai 24 mesi di durata massima del contratto;

-       il mantenimento del limite del 20%;

-       il ripristino della causale in caso di proroga;

-       la maggiorazione della contribuzione per ogni nuova proroga, con costi aggiuntivi a carico dell’impresa;

-       la diminuzione del numero delle proroghe da 5 a 4.

“La reintroduzione della causale alimenterà nuovo contenzioso, di molto ridimensionato negli ultimi anni – prosegue la Giacomin - In un momento in cui vi è la necessità di creare nuovi posti di lavoro, si disincentivano le imprese ad assumere. Anziché andare nella direzione della semplificazione in questo caso si appesantisce un contratto che, con il Jobs Act, proprio con il fine di creare occupazione, era stato  notevolmente alleggerito. A questo punto si può ipotizzare che le aziende probabilmente opteranno per la stipulazione di contratti di durata massima di 12 mesi con conseguente ulteriore precarietà, senza contare che molti dei contratti in scadenza non verranno più rinnovati, proprio per le motivazioni sopra riportate.

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