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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Genitori la accusano: assenteista e incompetente. Giudice dà ragione all'insegnante

Protagonista della vicenda la maestra Miriam Riccardi: assistita dall’avvocato D’Angelo e supportata dal sindacato Gilda, ha ottenuto un risarcimento che ora devolverà alla scuola. Alcuni padri e madri avevano scritto alla preside oltre a lanciare via WhatsApp pesanti attacchi alla docente

I fatti risalgono al 2017, quando un gruppo di genitori ha contestato un’insegnante di scuola primaria, sia sotto il profilo della competenza professionale, mettendo in discussione la sua preparazione nell’insegnare l‘inglese, sia il suo “assenteismo”. Tali accuse sono state stilate per iscritto ed inviate sia al Dirigente Scolastico che all’assessore del comune, ma anche veicolate tramite whatsapp e perfino attraverso gli alunni (utilizzati come postini), creando ampia diffusione a danno dell’immagine dell’insegnante. La maestra Miriam Riccardi, a fronte di questo pesante attacco, assistita dall’Avvocato D’Angelo su sollecitazione della Gilda degli Insegnanti che proprio in quel periodo stava seguendo una serie di episodi dello stesso genere, ha denunciato e querelato i firmatari.

Nel corso del processo, celebrato dal Giudice di Pace, Massimiliano Marchetti, dalle testimonianze raccolte è affiorata invece nei confronti della docente ampia stima e considerazione; ne è stata riconosciuta la competenza a dimostrazione non solo della falsità di quanto indicato nella lettera, ma addirittura è emerso che l’insegnante, come referente nel suo ambito, era un punto di riferimento anche per altri colleghi, oltre ad avere una lunghissima esperienza di insegnamento.

Per l’assenteismo è stato documentalmente dimostrato, nel corso del processo, come le assenze fossero pienamente giustificate da motivi di salute prima dell’anziana madre, malattia a seguito della quale è deceduta e successivamente della stessa insegnante. Va sottolineato come la macchina diffamatoria abbia quindi raggiunto la maestra in un momento di particolare sofferenza e fragilità, quando ancora non erano terminate la malattia e le terapie, aggiungendo sofferenza a quanta già ve ne fosse. Si è trattato dunque di un accanimento, una vera e propria gogna mediatica ai danni della docente.

Alla fine del processo, a seguito delle deposizioni dei testimoni delle parti, alcuni dei genitori accusati presenti in udienza, pentitisi, si sono dichiarati dispiaciuti per l’accaduto e hanno formalizzato davanti al Giudice di pace le loro scuse offrendosi di sostenere integralmente le spese legali dell’insegnante. La maestra, preso atto delle scuse, ha rinunciato al risarcimento in denaro per se stessa in favore di un’offerta alla scuola ove si sono svolti i fatti, donazione finalizzata all’acquisto di materiale didattico per l’insegnamento della lingua inglese.

«L’intento della maestra -dichiara Michela Gallina, coordinatrice provinciale della Gilda degli Insegnanti di Treviso- era principalmente accertare che le accuse fossero infondate e di conseguenza, dopo 40 anni di insegnamento, ripulire la propria immagine professionale. Non era interessata a speculare sulla vicenda, bensì a combattere la piaga sempre più frequente dei genitori che attaccano i docenti senza nemmeno preoccuparsi di verificare i fatti e dialogare con gli stessi. Accuse e diffamazioni di questo genere compromettono l’immagine professionale creando difficoltà psicologiche. Atteggiamenti superficiali ed aggressivi non fanno bene alla scuola e tolgono serenità e motivazione al proseguimento dell’attività di insegnamento».

La docente infatti, dopo aver depositato la denuncia, ha chiesto ed ottenuto il trasferimento ad altra scuola, però una volta raggiunto l’obiettivo di portare alla luce la verità dei fatti, ha scelto di dare una svolta positiva ad un evento doloroso trasformando l’offesa in un’offerta per la scuola. «In questo modo ha regalato un grande esempio educativo e di civiltà. Episodi di questo tipo dovrebbero però portare tutti a riflettere su quanta responsabilità ci sia dietro ad alcune azioni attuate con superficialità che possono produrre dei danni rilevanti ed ingiusti alle persone». Fortunatamente questa docente aveva alle spalle un sindacato che l’ha saputa supportare e consigliare, tuttavia anche a causa dei rallentamenti dovuti alla pandemia, ci sono voluti 4 anni prima di giungere ad un esito positivo: «Per chi vive un dramma di questo tipo, cioè vedersi mettere in discussione un’intera vita professionale, possono risultare particolarmente lunghi ed emotivamente pesanti».

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