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Ordine dei Commercialisti: a Treviso fallimenti in calo

Un sorta di quiete, dovuta alla pandemia, prima della tempesta. Tra le province del Veneto, Treviso con i suoi 166 fallimenti dichiarati nel 2020 è al quarto posto dopo Padova con 161 fallimenti, Verona con 157 fallimenti, Vicenza con 137

Tra 2019 e 2020 i dati evidenziano un calo delle procedure concorsuali presentate in Tribunale a Treviso, grazie agli interventi normativi che hanno congelato molte posizioni di aziende prossime alla crisi. Nel frattempo la contrazione di liquidità per le imprese è sempre più pesante e le nuove regole sui conti correnti sono più stringenti in caso di sconfinamento, per cui è più facile diventare un cattivo pagatore. Sul fronte della crisi di impresa a Treviso si registra  tra il 2019 e il 2020 un trend in discesa con -27% di procedure di fallimento, si è passati dalle 160 procedure del 2019 alle 116 del 2020, mentre i concordati hanno avuto un lieve aumento, passando dai 17 del 2019 ai 21 del 2020. Tra il 2018 e il 2019 i concordati erano scesi da 22 a 17 mentre i fallimenti erano passati dai 155 del 2018 ai 160 del 2019. Si tratta di dati in linea tendenziale con quelli del Veneto dove tra il 2019 e il 2020 i fallimenti sono calati del 27%, passando dai 987 del 2019 ai 713 del 2020, mentre i concordati sono diminuiti del 38%, passando dai circa 163 del 2019 ai 101 del 2020. (Fonte: Portalecreditori.it)

Tra le province del Veneto, Treviso con i suoi 116 fallimenti dichiarati nel 2020 è al quarto posto dopo Padova con 161 fallimenti, Verona con 157 fallimenti, Vicenza con 137. «Difficile poter dire se stiamo parlando di una situazione di quiete prima della tempesta o di una situazione sottovalutata - osserva David Moro presidente dell'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Treviso - Ci troviamo di fronte ad un’emergenza assolutamente imprevista ed imprevedibile. Tanto più che tale evento straordinario si è presentato in un momento di transizione in cui il sistema si stava organizzando per attuare una riforma strutturale della crisi di impresa e dell’insolvenza. Dobbiamo procedere con assoluta prudenza considerando che l’attuale globalizzazione crea delle forti interconnessioni tra sistema operativo e finanziario in un’area non più limitata al nostro territorio nazionale ma mondiale.  Dobbiamo porre attenzione alla riforme e cercare di capire quali possano esserne le conseguenze,  ricordandoci come il sistema è interconnesso in modo profondo sia tra sistema finanziario e produttivo, sia tra le parti del mondo che sino a pochi anni fa parevano lontane, sia attraverso i diversi attori del sistema. Ritengo che sia  fondamentale preservare il tessuto economico - produttivo della nostra realtà concedendo respiro finanziario e risorse alle aziende meritevoli, non è certamente questo il momento della rigidità e dell’austerity».

Dal 1 gennaio 2021 è entrata in vigore la nuova disciplina del rapporto banca-impresa, per cui sarà più facile finire nella lista dei cattivi pagatori gestita dalla centrale rischi della Banca d’Italia in caso di sconfinamento del conto corrente, con l’effetto di impedire l’accesso a delle nuove linee di credito. Molti addebiti automatici, in caso di mancanza di liquidità nel conto corrente, potrebbero non avvenire. Secondo la nuova  normativa appena entrata in vigore, le banche dovranno dichiarare inadempienti le imprese in arretrato di pagamento per oltre 90 giorni sugli importi superiori ai 500 euro riferiti a uno o più finanziamenti e che rappresentino più dell’1% dei debiti totali. In base alle nuove regole, il default di una posizione si estenderà automaticamente a  tutti i finanziamenti del cliente nella stessa banca. Inoltre i margini attivi dell'impresa presenti sulle altre linee di credito, non potranno più essere usati per compensare le pendenze ed evitare l’inadempienza, con l’effetto che sarà più facile finire sulla lista dei cattivi pagatori gestita dalla centrale dei rischi della Banca d'Italia non è un problema da poco perché impedisce di accedere ad altre linee di credito. 

«Sono di assoluto interesse i dati pubblicati dalla centrale dei rischi finanziari (Crif ) -conclude Moro- che sull’analisi della rischiosità del credito al dettaglio hanno evidenziato una inversione di tendenza con l’innalzamento del rischio di default, sia per il credito al consumo, sia per quanto riguarda i mutui immobiliari, pur rimanendo nei livelli contenuti. Il mondo dell’impresa sta affrontando questa situazione di emergenza con una struttura finanziaria nel suo insieme più equilibrata, rispetto alla situazione ante doppia recessione 2008-2013, tuttavia il sistema delle imprese non deve essere ulteriormente sottoposto a stress. Una modifica dei principi di valutazione del credito verso una maggiore austerity, in una situazione di stravolgimento come quella che stiamo vivendo, rischia, se non gestita correttamente, una serie di ripercussioni negative. Un peggioramento di rating, figlio di una modifica del sistema di valutazione del rischio del credito e di una situazione particolare come quella che stiamo vivendo, ha come naturali conseguenze la restrizione della concessione del credito con il rischio di una implosione del sistema stesso: gli Istituti di credito sono, per la loro stessa natura, soggetti anticiclici che si troverebbero ancora più difficoltà a sostenere il sistema economico».

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