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Il Vescovo: «Si fermi la guerra, sia fatta giustizia, ma non lasciamoci sfigurare dall'odio»

Domenica sera, nel tempio di San Nicolò, la preghiera per la pace in Ucraina e nelle altre situazioni di conflitto, nella messa presieduta dal vescovo Michele Tomasi. Presenti la comunità ucraina e le altre comunità cattoliche migranti presenti in diocesi, strette in un abbraccio fraterno e solidale

«Il volto dell’uomo è sfigurato, è sfigurata la giustizia, è sfigurato l’onore, quando per affrontare questioni politiche si usa la guerra, quando chi paga, per interessi più o meno nascosti, sono i bambini, gli anziani, i deboli, le famiglie separate»: così il vescovo di Treviso, Michele Tomasi nella messa per la pace celebrata domenica sera nel tempio di San Nicolò, nella seconda domenica di Quaresima, in cui la liturgia propone il racconto della trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor. Una celebrazione voluta dal Consiglio pastorale delle comunità dei migranti cattolici presenti in diocesi, che hanno voluto far sentire la loro particolare vicinanza alla comunità ucraina, presente insieme al suo parroco, padre Ivan Ivaniv. A concelebrare con il Vescovo anche gli altri sacerdoti che accompagnano spiritualmente le diverse comunità.

Don Bruno Baratto, direttore dell’ufficio Migrantes, ha letto all’inizio della celebrazione il messaggio di vicinanza che le stesse comunità nei giorni scorsi hanno rivolto alla comunità ucraina, così duramente provata. Il Vescovo Michele, nell’omelia, ha messo in luce il segno di umanità rappresentato dalla presenza di tante persone alla messa, «perché in ogni situazione di vita, se fondiamo la vita su Cristo, troviamo la vera amicizia e la vera solidarietà».

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Mons. Tomasi ha sottolineato il fatto che nel mondo c’è il peccato, all’origine di ogni male «quel peccato che ha inchiodato il Signore sulla croce, quel peccato che martoria i popoli attaccati, i poveri dimenticati, i piccoli violati perché molti – san Paolo nella seconda lettura lo dice agli abitanti di Filippi con le lacrime agli occhi, e lo diciamo anche noi oggi – ‘si comportano da nemici della croce di Cristo. Ma la loro sorte finale sarà la perdizione’. Ma viene un giudizio – per me, per noi, per tutti -. E questo giudizio – ha ribadito con forza il Vescovo - è adesso. Lo reclamano l’onore, l’umanità, la giustizia. Io non posso far altro che ripetere il grido di papa Francesco: in nome di Dio, fermate la guerra, le guerre, fermate l’inutile sofferenza che porta altro odio e altra violenza”. Ma ecco il significato profondo della preghiera per la pace: “Adesso essere in preghiera per la pace significa credere che il Signore, il crocifisso, lo sfigurato, ha vinto la morte ed è risorto, e significa credere che la preghiera è potente, ci unisce al Cielo e tra di noi, dona frutti di conversione, può toccare il cuore dei peccatori, il cuore di chi ha in mano le sorti della guerra, e il cuore di tutti noi che abbiamo in mano le sorti della pace, perché siamo chiamati noi a essere operatori di pace, per essere eredi del Regno, perché siamo figli di Dio». Ecco, allora, l’invito a pregare anche perché, nell’impegno e nella lotta per la giustizia non si lasci spazio all’odio. “Non permettiamo al maligno di sfigurare il nostro volto, la nostra anima, il nostro cuore, con la cicatrice dell’odio, perché Dio è il Dio della pace perché è amore, amore crocifisso, amore risorto» l’appello del Vescovo. Insieme al coro ucraino hanno animato la celebrazione anche il coro della parrocchia di San Nicolò e quello della comunità africana francofona.

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