Il Vescovo celebra in Duomo la processione delle Palme, la prima dopo la pandemia
Questa mattina la celebrazione solenne della Passione di Cristo. Mons. Tomasi: “Perché in compagnia del mite vittorioso sulla morte, siamo ancora - noi ora come loro allora - a discutere di spade, di armi, di ferite inflitte, di morte donata con folle generosità?”
“Perché in compagnia del mite vittorioso sulla morte, siamo ancora - noi ora come loro allora - a discutere di spade, di armi, di ferite inflitte, di morte donata con folle generosità?”. C’è l’eco degli avvenimenti più recenti, c’è l’eco della guerra in Ucraina e dei tanti crocifissi della storia nell’omelia che il vescovo Tomasi ha pronunciato questa mattina in cattedrale, nella solenne celebrazione eucaristica della domenica delle Palme e della Passione del Signore. L’inizio fuori, in piazza Duomo, con la benedizione dei rami di ulivo e con la processione, la prima dopo la pandemia, alla presenza di numerosi fedeli.
Alla lettura del Vangelo della Passione e morte di Gesù è seguita l’omelia del Vescovo, che ha espresso una lunga serie di interrogativi, di “perché”, a chiedersi il motivo per cui non facciamo scelte di vita, ma di morte, perché non comprendiamo “la sterilità di un’esistenza che uccide il giusto, espelle ogni onore, pensa di essere giusta e distrugge il legno verde? Perché non riusciamo ad essere come il buon ladrone, noi che sappiamo della vittoria della vita sulla morte, della verità di quel paradiso promesso e non gli chiediamo davvero, convinti, di donarci lui vita? Perché non ci crediamo ancora, e ci costringiamo ancora a far subire al Cristo la passione, e con lui ai tanti crocifissi della storia? Perché siamo ancora qui a celebrare tutto questo? Perché non riusciamo a fidarci davvero di Lui, a crederlo davvero vivo, vivente in eterno, e noi con lui, solo a volerlo?”.
Ed ecco la possibile risposta: “Forse perché non crediamo davvero alla risurrezione. Forse perché non amiamo ancora abbastanza la vita, e non l’amiamo perché non crediamo ancora che l’unico modo di guadagnarla sia quello di donarla. Senza se e senza ma. E questo solo e unicamente perché lui l’ha donata: sudando sangue ha accettato di donarla, l’ha donata per amore. E donandola ha vinto, ha vinto davvero la morte. Credere questo cambia la vita. Unicamente credere questo. Basta questo, ma questo è necessario”.