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Polemica sul prosecco, la Diocesi «Nostri solo l’8% degli ettari coltivati»

Una lettera del vescovo di Vittorio Veneto, Corrado Pizziolo, ispirata al Mese del Creato e inviata a tutta la Diocesi, aveva scatenato roventi critiche, soprattutto sui social, dal momento che anche la chiesa vittoriese possiede una coltivazione del celebre Docg

Tre settimane fa l'invettiva contro contro la coltura intensiva del Prosecco, l’uso dei fitofarmaci esasperato, l’essersi dimenticati della «biodiversità» nelle colline della pedemontana. Una lettera del vescovo di Vittorio Veneto Corrado Pizziolo ispirata al Mese del Creato e inviata a tutta la Diocesi che però aveva scatenato roventi polemiche, soprattutto sui social. Il motivo? Anche la curia vittoriese possiede campi coltivati a uva, compreso il rinomato prosecco. «Sento urgente richiamare l’attenzione sul tema della preservazione della biodiversità in un’area in cui la monocoltura (che rischia di diventare monocultura, dove non c’è spazio per chi la pensi diversamente) rappresenta un limite di cui tenere conto, tanto per le possibili ricadute economiche, quanto per quelle ambientali» aveva scritto Pizziolo.

La verità è che l’Istituto per il Sostentamento del Clero della diocesi di Vittorio Veneto, nato negli anni ’80 grazie ad un accordo fra Santa Sede e Stato Italiano per accogliere i beni appartenenti agli ex «benefici parrocchiali» e contribuire così al sostentamento dei sacerdoti, di ettari coltivati a vigneto ne ha soltanto il 17%, su oltre 540. Il Prosecco rappresenta poi solo l’8% del totale ed è certificato con il Sistema di qualità nazionale di produzione integrata.

«Ciò significa -spiega il portavoce della Diocesi don Alessio Magoga - che per la loro coltivazione vengono osservate le linee tecniche stabilite dal disciplinare regionale della produzione integrata. Tale linea di difesa impone un severo controllo sull’utilizzo dei prodotti fitosanitari e sui concimi al fine di rendere l’attività agricola più sostenibile e rispettosa dell’ambiente e delle persone. Va poi detto che la certificazione Sqnpi si ottiene tramite un ente terzo, in questo caso il Csqa, che ogni anno verifica sia in azienda sia sul campo che siano rispettate le linee guida Sqnp». 

 «Sui 20 ettari di vigneto che si trovano in collina - aggiunge il portavoce - e che sono destinati alla produzione di Prosecco Docg, l’Istituto adotta il protocollo viticolo definito dal Consorzio del Prosecco Docg, che risulta essere ancora più restrittivo rispetto alle linee tecniche della difesa integrata. Sui vigneti viene attuato lo sfalcio dell’erba a filari alterni, si combatte la cocciniglia, insetto dannoso per la vite. Sotto i filari vengono inoltre effettuate lavorazione meccaniche per impedire lo sviluppo delle erbe infestanti, che consentono di eliminare totalmente l’uso del diserbo chimico. Sono state implementate poi alcune superfici a vigneto con fasce boscate e siepi di contorno per aumentare la biodiversità».

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