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Zaia si racconta a Vanity Fair: «L'Italia può essere un paese per giovani»

Il Governatore del Veneto, protagonista del nuovo numero della celebre rivista in edicola mercoledì 7 giugno, si definisce "antifascista" e "antirazzista", svelando anche i progetti per il futuro della Regione e la vita con la moglie Raffaella

Nel nuovo numero di Vanity Fair in edicola il 7 giugno, il governatore del Veneto, il leghista Luca Zaia, che si definisce "antirazzista" e "antifascista", si racconta nei suoi aspetti privati (come i 25 anni di matrimonio) e pubblici. Mentre continua a portare avanti la battaglia per l'autonomia del Veneto. 

«Oggi siamo vicini alla meta: l’autonomia è nell’agenda di questo Governo e le parole di Giorgia Meloni sono state chiare» dice nel suo intervento, rivela anche la sua idea di una nuova Italia, con protagonisti i giovani e le donne, dove i  diritti civili (fine vita, aborto, unioni gay) non siano solo monopolio della sinistra. E si conferma il politico più progressista del centrodestra.

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L'intervista

Il Centro di riferimento regionale per i disturbi dell’identità di genere a Padova. Lei ha detto che è una "questione di civiltà"
«È una prestazione che va erogata per legge, e la legge è del 1982. Quanti sono i casi di chi cambia sesso, all’anno? Tre? Bene, detto questo, nessuno parla mai di quello 0,3 per mille di bambini che nascono ermafroditi per il quale bisogna avviare tutto un percorso, o delle malformazioni genetiche nell’area genitale. Io rispondo ai bisogni dei miei cittadini, punto. Mi hanno criticato anche quando ho portato l’età massima per accedere alla fecondazione assistita a 50 anni, in Veneto. Sembrava che avessi commesso un reato perché a 50 anni una donna non può fare figli. Io dico invece che se la natura consente l’ovulazione, perché limitare?».

Il messaggio ai giovani
«Primo: fate quello che amate, anche se è la roba più sfigata del mondo, anche se è la roba più impossibile del mondo, anche se è il lavoro meno consigliato al mondo. Secondo: non mollate mai, non c’è successo senza difficoltà. Terzo: siate fatalisti. Vuol dire che se stai seduto sul divano al massimo ti può cadere un meteorite in testa. Se invece sei fatalista e coltivi relazioni, sei educato, sei gentile, prima o poi raccoglierai, perché si lascia un seme in ogni relazione».

Ha proposto una certificazione «young», come quelle ecologiche 
«Tutte le leggi che si fanno in Italia dovrebbero essere compatibili col futuro. Per esempio nessuna banca finanzia i giovani per l’acquisto della casa: perché non possiamo far fare da garante allo Stato e, per chi ha determinati requisiti di reddito e di età, italiano o straniero, l’affitto si trasforma in una rata di mutuo? Poi dobbiamo essere ipercablati, perché i ragazzi vogliono il Wi-Fi, la banda larga, lo smartworking, che ci parla di un nuovo modo di approcciarsi al lavoro. Non voglio essere irriverente, ma a.C. e d.C. ormai significano “avanti Covid” e “ dopo Covid”, è cambiato il mondo, dobbiamo cambiare paradigma. Siamo un Paese che invecchia».

L'idea di Italia
«L’Italia è il posto più bello del mondo, è innegabile no? Se i pensionati vanno in Portogallo per le tasse, possiamo immaginare che in un futuro non molto distante potremmo attirare i ragazzi del mondo a venire a vivere in Italia perché siamo, fra virgolette, come Mykonos o Formentera».

Si è dichiarato anche antifascista
«Per me è naturale esserlo, e non ci trovo nulla di straordinario. Parlando di razzismo non puoi prescindere dalle leggi razziali, dal periodo più buio della nostra storia, quello del nazifascismo».

Si è laureato in Scienze della produzione animale, ma ha sempre lavorato. Quando ha iniziato?
«A sei anni, con mio padre in officina meccanica. Ma la prima partita Iva l’ho aperta a 18, quando facevo il pr per le discoteche e mi sono inventato l’invito alle serate, una rivoluzione per il mercato».

È vero che ha conosciuto sua moglie Raffaella in quel periodo? 
«Sì, l’ho vista una sera e mi ha colpito, ho scoperto che era amica della sorella di uno che conoscevo, e ho cercato in tutti i modi di avere il suo numero. Poi, in un secondo momento, abbiamo lavorato insieme in discoteca, lei stava alla cassa. Nessun segreto, non esiste una formula magica, ogni storia è storia a sé, di certo c’è la grande pazienza di mia moglie. Scherzi a parte, abbiamo un’ottima intesa, la nostra vita è mutualistica, in casa non abbiamo un problema. Lei cucina molto bene, ma anche io lo faccio. Ci dividiamo tutti i compiti».

L’intervista completa è disponibile sul numero di Vanity Fair in edicola dal 7 giugno e sul sito vanityfair.it

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